Ancora su “Il tunnel”, di Abraham Yehoshua, qui recensito (video e recensione). Alcuni amici lettori mi hanno comunicato il loro apprezzamento per il romanzo. Anche la nostra recensione risulta positiva e prende atto della confermata forza narrativa e dell’originalità stilistica ed espressiva dello scrittore, inconfondibile nel suo racconto della realtà quale osservatore attento di gesti, dialoghi, atmosfere, luoghi: le sue pagine sembrano talvolta delle vere registrazioni fedeli in presa diretta (quasi sonore e visive) di ciò che accade, sistemate con un montaggio agile. Altri amici lettori hanno espresso alcuni dubbi, soprattutto sulla seconda parte e sul finale e con riferimento all’aspetto più psicanalitico-simbolico del romanzo. Non hanno torto. L’aspetto più convincente de “Il tunnel” è proprio il racconto della quotidanità relazionale, del rapporto coniugale sperimentato e trepido fra i due coniugi abbastanza anziani, con la complicazione emotiva e l’ansia e l’affetto in gioco derivati dall’avvisaglia della malattia del protagonista. Anche il rapporto fra il presente da pensionato e la ricognizione reale e sentimentale sul vecchio luogo di lavoro tocca corde umanissime. Più sfuggente, a volte enigmatica fino alla incomprensibilità, è la parte “del deserto”, con una insistenza voluta ma non sempre snellita su “segni” allusivi, e poi le figure strane di quegli arabi clandestini di incerta e vaga identità; e, ancora, la figura e il ruolo della giovane donna (diversamente ma certamente concupita da vari attori maschili del romanzo). Insomma, un grande scrittore, Yehoshua, da prendere però con le “pinze” di una lettura critica attenta. Quando è tentato dal filone espressivo psicanalitico (come negli ultimi romanzi, soprattutto “La scena perduta”), Yehoshua lascia appannare un poco la sua formidabile capacità di raccontare il reale con grande sensibilità, anche riguardo alla complessa situazione umana e culturale della società israeliana odierna.
2019
Antonio Manzini, "Rien ne va plus", SellerioLEGGI LA RECENSIONE
Un buon libro è un libro che si ha voglia di rileggere, prima o poi. Il problema è che per sapere se un libro si avrà voglia di leggerlo una seconda volta, bisogna leggerlo una prima volta. E spesso è tempo sprecato. Il lettore accorto matura a poco a poco un suo istinto, un suo fiuto per capire al volo se un libro valga la pena di essere letto. O, meglio, se a quel libro valga la pena di dedicare alcune ore della propria vita. Ci sono così tante cose belle da fare (e da leggere), nella vita, che non vale la pena sprecare tempo.
Nell'immagine: Manuela Generali, Hartos libros, olio (courtesy dell'artista). Manuela Generali, 1948, è una artista svizzera, è nata e cresciuta a Lugano ma da molti decenni vive in Messico, dove è una pittrice affermata e molto apprezzata dalla critica.
Compie 40 anni un romanzo strano, avvolgente, labirintico, sperimentale di Italo Calvino (1923-1985, nella foto). In "Se una notte d'inverno un viaggiatore"(Einaudi), egli ironizza (un po' sul serio) sull'affastellarsi dei libri che affollano i nostri desideri sconfinati di lettura, naturalmente impossibili. E usa le maiuscole retoriche...
“Già nella vetrina della libreria hai individuato la copertina col titolo che cercavi. Seguendo questa traccia visiva ti sei fatto largo nel negozio attraverso il fitto sbarramento dei Libri Che Non Hai letto che ti guardano accigliati dai banchi e dagli scaffali cercando di intimidirti…Sventando questi assalti, ti porti sotto le torri del fortilizio, dove fanno resistenza I Libri Che Da Tanto tempo Hai In Programma Di leggere, I Libri Che Da Anni Cercavi Senza Trovarli, I Libri Che Riguardano Qualcosa Di Cui Ti Occupi In Questo Momento, I Libri Che Vuoi Avere Per Tenerli A Portata Di Mano In Ogni Evenienza,I Libri Che Potresti Mettere Da Parte Per Leggerli Magari Quest’Estate, I Libri Che Ti Mancano Per Affiancarli Ad Altri Libri Nel Tuo Scaffale, I Libri Che Ti Ispirano Una Curiosità Improvvisa, Frenetica E Non Chiaramente Giustificabile (...), I Libri Letti Tanto tempo Fa Che Sarebbe Ora Di Rileggerli e I Libri Che Hai Sempre Fatto Finta D’Averli Letti Mentre Sarebbe Ora Ti Decidessi A Leggerli Davvero.”
Adelphi regala ai lettori di lingua italiana un romanzo corposo, di aspra vivezza drammatica, dovuto alla grandezza di Isaac Bashevis Singer (1904-1991). Isaac Singer, premio Nobel nel 1978, dalla Polonia nativa migrò con la famiglia da ragazzo negli U.S.A, in fuga dal nazismo (al pari del fratello Israel, morto più giovane e anch’egli scrittore di razza - nei nostri Circoli abbiamo lavorato su “La famiglia Karnowsky”- e della sorella Esther, scrittrice pure lei). Autore di grandi romanzi in yiddish (l’impasto linguistico degli ebrei dell’est europeo decimati dall’Olocausto), Israel Singer fu cantore accorato della scia di umanità resistente dopo la catastrofe della Shoa, e della memoria di un mondo travolto per sempre. Qui ecco un “romanzo d’amore”, la storia di un uomo spaesato, inetto e inadeguato, scampato allo sterminio e riparato in America. La sua inadattabilità alla normalità e le sue ferite interiori ne fanno un assetato d’amore femminile, in un caotico miscuglio di generosità e di bugie, di incoscienza e di goffo disordine. Ne riparleremo
Parliamo ancora della scomparsa di Amos Oz per suggerirne la lettura e la rilettura. Compie venticinque anni uno dei suoi migliori romanzi, "Non dire notte". Il romanzo ha una sua trama delicata di amore, di vita, di piccoli battiti quotidiani, di memoria e anche di sofferenza (oltre che di letizia) dentro una piccola città nuova, costruita dagli israeliani ai bordi del deserto del Negev. E' una realtà urbana bianca, geometrica, solcata a sera da file di lampioni, investita spesso dal vento che porta sabbia e odori e anche lontananze misteriose dal deserto. E ci sono le calde, afose, silenziose notti d'estate, quando si sta sui balconi a bramare un filo d'aria.
Torna in libreria, per la puntuale traduzione di Einaudi, Abraham B. Yehoshua (nella foto) con il suo nuovo romanzo: “Il tunnel”, Einaudi. Il lettore riscopre subito lo stile inconfondibile e la forza narrativa dello scrittore israeliano, il quale prende di petto, in modo malinconico ma anche divertito, l’avvisaglia di un principio di demenza nel cervello di un autorevole ingegnere settantaduenne in pensione.. Ci sono parti più coinvolgenti ed empatiche (scandite da piccoli tocchi di umanissima quotidianità e di bellezza affettiva) e parti più strane, enigmatiche, da leggere in filigrana sovrapposta. E’ bello comunque ritrovare la “razza” di uno scrittore vero. E per chi ha apprezzato l’ultimo romanzo di Yehoshua, “La comparsa”, sarà piacevole re-incontrare, in una “comparsata” a sorpresa, Noga, la suonatrice d’arpa che non voleva diventare madre… Ne riparleremo.
Il 28 dicembre è morto Amos Oz (nella foto), a 79 anni. Con Abraham Yehoshua e David Grossman era uno dei tre “grandi viventi” della narrativa israeliana. Fra i molti suoi romanzi importanti, a parte "Una storia d’amore e di tenebra”, il più autobiografico, denso e complesso, ricordiamo qui quattro titoli che il nostro Circolo ha trattato o tratterà:
“Non dire notte”: una trama di sentimenti e memoria dentro una piccola città nuova ai bordi del deserto del Negev (recensione)
“Tra amici”. Scene di vita quotidiana dentro un kibbutz israeliano. In cui si racconta la vita giornaliera di una umanità al lavoro fuori dal mondo e dentro il proprio piccolo cerchio, alle prese con sogni, delusioni, ideali e inquietudini
(recensione)
“Giuda”. Shemuel Ash, studente universitario affannato intorno a una tesi su “Gesù visto dagli ebrei”, personaggio goffo e distratto, incontra un vecchio infermo e acutissimo di mente e di cultura e una sua donna misteriosa dalla voce affascinante. Da qui si dipana il filo di una vicenda piena di curiosità e sentimenti, di idee e umori difficili (recensione)
“La vita fa rima con la morte”. Uno scrittore si reca in una cittadina israeliana per la presentazione di un proprio libro. Mentre ascolta gli elogi altrui su di sé, egli fantastica in silenzio sulle possibili vite di alcuni fra gli spettatori (un campionario di umanità varia) presenti in sala. (In programma per i circoli di lettura: febbraio 2019)
Interlinea, piccolo editore italiano di qualità (per riccheza di scelte e rigore grafico) diffonde da anni una singolare collana, “Nativitas”, dedicata al Natale. Quest’anno, fra le novità, anche due racconti e una poesia di Giovanni Orelli, scrittore svizzero italiano (1928-2016). In uno dei racconti l’autore disvela l’ironia di un suo lessicale e giocoso scetticismo. Ma nell’altro evoca l’incanto (e il desiderio misterioso di bene, di bello e di buono) di una Vigilia nella sua Valle Bedretto imbacuccata di neve nel silenzio, quando un ragazzino torna a casa dopo una lunga camminata per portare a casa dal villaggio vicino il pane che era stato mandato a prendere:
«Entrava tutto bianco di neve e con il pane di Natale sulle spalle (…) Era come se tutti i rumori del mondo fossero soffocati, spenti, da un lento, ora, e amichevole, pacato, calmo, bianco e odoroso di buono come il pane fresco, del puro, natalizio cadere della neve».
La fatica dello scrittore secondo lo scrittore:
“Io prendo le frasi e le giro. Questa è la mia vita. Scrivo una frase e la giro. Poi la guardo e la giro di nuovo. Poi vado a pranzo.Poi torno qui e scrivo una frase. Poi prendo il tè e giro la frase nuova. Poi rileggo le due frasi e le giro tutt’e due. Poi mi sdraio sul sofà e rifletto. Poi mi alzo e le cancello e ricomicio da capo. E se interrompo questo trantran anhe solo per un giorno vengo preso da una noia forsennata e mi sembra di aver perso tempo”.
(Philip Roth in “Lo scrittore fantasma” , Einaudi, il libro su cui a inizio dicembre abbiamo lavorato nei Circoli di lettura di Lugano, Bellinzona e Vacallo).
Foto: Philip Roth (1933-2018)