Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

DUE ROMANZI DEL PREMIO NOBEL 2014

10ottobre
2014

Patrick Modiano
Nel caffè della giovinezza perduta, Einaudi
Dora Bruder, Guanda

Sui premi Nobel ho la solida diffidenza di chi non ha ancora perdonato ai giudici nordici di aver lasciato senza premio Tolstoj ma di averlo dato anche a mezze calzette totalmente dimenticate; e di aver premiato Dario Fo quando era in vita Mario Luzi, di aver laureato Quasimodo e non Ungaretti, eccetera. Ognuno ha i suoi Nobel ideali in petto e le sue idiosincrasie. Frugando tra i miei libri ho comunque trovato alcuni volumi di Patrick Modiano, premiato giovedì con il Nobel 2014. Vuol dire che un po' mi aveva preso. Parlo qui dei due letti di recente. Poco o nulla, per contro, ricordo di "Domeniche d'agosto" (Feltrinelli, non so se sia ancora in commercio) e di "Voyage de noces", letto in lingua originale. Aggiungo che la dimenticanza di trame e dettagli di un libro letto tempo fa non significa necessariamente una diminuzione del suo valore. Di certi romanzi si ricorda tutto, come se fossero incisi, di altri, più acquarellati, si hanno evocazioni idi atmosfere, sensazioni"…Leggendo Modiano la sensazione è quella di una minuziosa e dolente indagine sul tempo, sulle pieghe del passato, su piccoli misteri che sono cicatrici. Forse questo fare i conti con l'enigmatica e struggente contabilità sommersa del tempo passato è il fascino e al contempo il limite di Modiano: il cui stile chiaro, volutamente semplice, ben ritmato, sembra scandire sempre la stessa storia di indagine sulla dimenticanza e sulle tracce del tempo. Comunque i due romanzi che segnalo qui posseggono la razza della narrativa vera e la seduzione delle storie profonde, laddove l'impronta minima, personale delle vicende tocca l'universalità di sentimenti che osiamo definire eterni e che governano il mondo degli animi. Nel romanzo "Nel caffè della giovinezza perduta" (un titolo, un programma) tradotto e edito da Einaudi, si insegue l'enigmatica, sfuggente verità di Jacqueline, giovane donna misteriosa guardata e spiata dagli avventori del piccolo caffè parigino a due passi dall'Odéon, che lei frequenta regolarmente. Jacqueline, soprannominata Louki (nemmeno il nome è stabile) tesse una vita di piccole fughe: da luoghi, uomini, amori. Dice di sé "Non ero veramente me stessa se non nel momento in cui fuggivo. Gli unici bei ricordi che ho sono ricordi di fughe vere e proprie o di scappatelle da casa". Un avventore del caffè annota su un quadernetto tutte le mosse della ragazza, gli altri la osservano, fanno congetture, qualcuno se ne innamora. Un investigatore la pedina, un ex marito la cerca. Louki è mistero femminile da acciuffare, è la bellezza fuggevole, è l'immaginazione, è l'enigma. E' il tempo che se ne va (il tempo, appunto).
"Dora Bruder", edito da Guanda, è un altro bel romanzo di cadenza dolente (un aggettivo che uso spesso, qui ci vuole tutto). E', di nuovo, un'altra forma di "inchiesta" sul filo del tempo, un'altra ricerca di una donna. Scomparsa. Scomparsa da casa, in età adolescente, come l'autore scopre per caso, 50 anni dopo, leggendo un vecchio giornale del 31 dicembre del 1943, quando i genitori denunciarono la scomparsa della loro figliola Dora Bruder, di 15 anni. Patrick Modiano ne viene colpito e si mette, dopo mezzo secolo, sulle tracce di quella ragazza scomparsa che era poi riapparsa vagamente ma poi era incappata, lei ebrea, nella terribile retata effettuata da nazisti occupanti e francesi collaborazionisti per dirottare gli ebrei di Francia verso i campi di sterminio. Modiano insegue la memoria di Dora in una minuziosa topografia parigina, mescolando alla memoria del tempo i nomi di strade e piazze, le case, gli alberi, i viali, il volto di Parigi com'era ai tempi di Dora scomparsa (e Modiano non era ancora nato, nascerà nel 1945). Quel che conta è che la ricostruzione e le congetture degli ultimi tempi di Dora Bruder restituiscono a quella ragazza la dignità del vissuto, la sottraggono un poco alla tremenda dimenticanza imposta dal baratro di un destino.