Circolo dei Libri

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ITALO CALVINO, 30 ANNI DOPO: UN TITOLO FRA I MOLTI

21ottobre
2015

30 anni fa moriva Italo Calvino. L'Italia pianse lo scrittore, l'intellettuale lucido, il segugio editoriale sagace. Calvino fu, in quegli anni, con Sciascia e Moravia, lo scrittore italiano più noto e celebrato, certamente il più apprezzato fuori d'Italia. Alla sua vena originale e alla sua inquieta ricerca di sperimentazione e sbocchi stilistici si aggiungeva il cosiddetto impegno civile: a sinistra, con una coraggiosa inclinazione all'autonomia dell'intelligenza (dopo la repressione sovietica in Ungheria del '56, Calvino fu tra i pochi a sbattere la porta del Partito Comunista). Oggi, a 25 anni di distanza, un pacato giudizio lo colloca fra i maggiori autori del "˜900 senza però l'enfasi di elevarlo nettamente sopra altri meno corteggiati dalla « intellighentia » (Fenoglio, Bassani, Bilenchi, Cassola, per esempio). Italo Calvino fu infine prtagonista ingegnoso dell'editoria italiana, con provvide scoperte. Fu scrittore multiforme e innovatore, ricercatore stlistico, sperimentatore coraggioso: ed ebbe vena felice in molti romanzi, in altri (più calcolati in laboratorio mentale) meno. Fra i molti titoli calviniani, forse il più felice e sorprendente è « Il Barone rampante » (1957) che faceva parte della trilogia « I nostri antenati » (con « Il cavaliere inesitente » e « Il visconte dimezzato »). Verso la fine del "˜700 il ragazzetto Cosimo, dei Baroni di Rondò, un bel giorno si rifiuta di mangiare un piatto di lumache servito alla nobilare tavola di famiglia. Rimproverato aspramente, Cosimimo abbandona la sala e se ne fugge via arrampicandosi su un alto albero del giardino. Lasciamogli sbollire la ribellione, pensa la famiglia, poi ridiscenderà. Invece Cosimo non scende. Anzi, non scenderà mai più, per tutta la vita. Il parco della villa dei baroni e i lussureggianti boschi della prorpietà (vagamente situata sulla costa ligure sanremese, dove crebbe Calvino) sono cosi rigogliosi che Cosimo, balzando di ramo in ramo e di pianta in pianta, comincerà a vivere in alto. Ricaverà sedili, gaicigli e capanni nel groviglio dei più poderosi rami, si lascerà dondolare da una cima all'altra come un Tarzan settecentesco, riuscirà a incontare persone, ad amare donne, a interferire con la viat giù in basso. Ma se ne resterà appollaiato sempre su, dove le cose sono viste in prosettiva diversa. Mi è sempre piaciuto pensare al « Barone rampante » come a una ipotesi narrativa cinematografica : con una cinepresa posta in basso a scrutare la figura balzante di Cosimo contro fogliame e cielo e un'altra a guardare le cose dall'alto, con il punto di vista eccentrico e relativizzante di Cosimo: un su e un giù alternativo. Il racconto è venato di ambientazioni e citazioni illuministiche (il respiro del Settecento europeo alita anche sui bsochi dei Rondò) e la storia è pretesto per combinare imamginazione narrativa e affresco storico e civile. L'invenzione è superba, lo stile preciso, asciutto e ricco al tempo stesso. Qua e là, rileggendo dopo anni, ho trovato eccessi di nozionismo botanico e culturale e qualche forzatura nella pur eccellente immaginazione (qui sta forse un limite per eccesso di Calvino : era cosi bravo da voler essere qualche volta troppo bravo nell'invenzione stilistica e nella sperimentazione, specialmente in altri suoi libri). Qui egli riesce a mettere comunque insieme tensione narrativa, trama appassionante, ricchezza di linguaggio e abile tessitura di emozioni e riflessioni. Un bel romanzo italiano del "˜900.
(Il Barone rampante, Mondadori)