Circolo dei Libri

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Un paese ci vuole, non fosse che per andarsene...

29marzo
2019

L'importanza di avere una radice, sempre, ovunque poi ti portino le strade e il destino: lo sapeva bene Cesare Pavese (1908-1950, nella foto) che di questo tenace filo, ineluttabile e anche doloroso (per lui le colline delle Langhe piemontesi) parla nel suo ultimo romanzo, "La luna e i falò" (vedi video e recensione). E' diventata celebre la frase in cui lo scrittore evoca il bisogno di un "luogo nell'anima":

"Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti".

Quando poi il protagonista, partito e tornato e ancora ripartito, si trova nella grande città, a Genova, egli ripensa a quello che ha lasciato e perduto:

"C'era il porto, questo sì, c'erano le facce delle ragazze, c'erano i negozi e le banche, ma un canneto, un odor di fascina, un pezzo di vigna, dov'erano? Anche la storia della luna e dei falò la sapevo. Soltanto, m'ero accorto che non sapevo più di saperla".

"La luna e i falò". era uscito nella primavera del 1950. Alla fine di giugno il romanzo trionfa al premio Strega. Non ha importanza. Il27 di agosto Cesare Pavese si suicida nella solitudine di una camera d'albergo, a Torino. Per un amore infelice, si dice. Chissà. Lascia un biglietto: "Perdono a tutti, a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi. Cesare Pavese".