Circolo dei Libri

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23luglio
2021

Illustrazione: Paul Klee (1879-1940), "Luna"

Domani, 24 luglio, ci sarà plenilunio. Luna piena in piena estate. (La prossima luna, a fine agosto, rischiarerà un'aria notturna ormai già pre-settembrina...). La luna, con il suo chiarore diafano e la sua luce nivea e fantastica nella notte, ha sempre ispirato la letteratura: è stata toccata nell'immaginazione (da Ariosto a Jules Verne) ma soprattutto ha soggiogato l'animo dei poeti. Il mistero della luna fu peraltro più ineffabile quando essa era irraggiungibile rispetto ad oggi, quando l'uomo ha ormai conquistato la luna, senza peraltro trarvi chissà che giovamento. Leopardi, in "Alla luna", la definisce "diletta"; la chiama "vereconda" in "Ultimo canto di Saffo" e "queta" in "La sera del dì di festa". In "Canto notturno di un pastore errante" la luna è chiamata, di volta in volta, "silenziosa, vergine, intatta, solinga, eterna, peregrina, candida, giovinetta immortale". Eugenio Montale, un anno prima dell'allunaggio del 1969, immagina, in "Fine del '68", che l'uomo giunga sulla luna e guardi la terra, contemplando "dalla luna, o quasi,/ il modesto pianeta che contiene/ filosofia, teologia, politica,/ pornografia, letteratura, scienze palesi o arcane./ Dentro c'è anche l'uomo, /ed io tra questi. E tutto è molto strano". Anche nella narrativa ci sono moltissimi chiari di luna. Ne evochiamo qui sotto uno celebre, di Lew Tolstoj.

A un certo punto di "Guerra e pace". Il principe Andrea Bolkonski, dopo aver visto morire la giovane moglie di parto, sfiduciato e incupito se ne va per trattare alcuni affari verso la tenuta di campagna del conte Rostov. Passa in carrozza accanto a un bosco già soffuso del primo verde della primavera e scorge una grande, vecchia quercia che pare morta, con i grandi rami contorti e stecchiti e lui sente che per lui, come per il vecchio albero, la vita è finita. Sul viale della villa del conte vede correre e ridere una adolescente dagli occhi luminosi e quella sua gioia candida gli procura, a lui tagliato fuori dalla letizia, uno strano groppo interiore. La sera tardi, non riuscendo a dormire, si affaccia alla finestra davanti a un cielo solcato da nubi e grandiosamente invaso dallo splendore niveo di una grande luna. Sente, sopra di sé, che un'altra finestra si apre e la voce della stessa giovane ragazza (che è la contessina Natascia Rostov) esclama il proprio stupore eccitato davanti al mistero bellissimo di quella notte lunare. Da dietro, la voce assonnata di un'altra ragazza (la cugina Sonia) esorta Natascia a coricarsi e a lasciar stare le visioni lunari. Invece Natascia rimane, dice e quasi grida, gioiosamente sgomenta, che vorrebbe abbracciarsi le ginocchia e volare su, verso il grande cielo notturno e le nuvole e la luna. Poi tace, Andrea ne sente talvolta il fruscio della veste e i sospiri. Il principe si emoziona, chiude la finestra. Pochi giorni dopo è di nuovo in viaggio, ripassa davanti alla vecchia quercia e di colpo si accorge che essa si sta rivestendo di piccole, giovani foglie: vivrà, ancora una volta vivrà. "Tutti i più grandi momenti della sua vita all'improvviso gli tornarono alla memoria. Austerlitz con il suo cielo sublime, e il viso morto, atteggiato a rimprovero, di sua moglie, e l'amico Pierre, e la fanciulla commossa dalla bellezza della notte, e quella notte, e la luna"…". Mesi dopo, a un grande ballo di corte, il goffo e grasso conte Pierre Bezukov prega il suo grande amico Andrea di far ballare una sua conoscenza, la contessina Rostov, che se ne sta in un angolo senza che nessuno la inviti. Andrea, distratto, gli ubbidisce, e si ritrova fra le braccia Natascia e subito "l'aroma della sua grazia gli salì alla testa"…". E tutto cambia, i saloni dorati, i lampadari che sembrano danzare, i suoni, le luci, la vita"…