Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

Penna rossa

22luglio
2022

Questo nostro sito non stronca mai. Cerca di valorizzare quel che giudica buono o molto buono, ignora quel che giudica mediocre o insufficiente. Non abbiamo né l'animo né i titoli per essere stroncatori. Ma ogni tanto - siamo umani, non marziani - viene la tentazione di usare la penna rossa. E assegnare insufficienze. Anche a costo di andare, magari, controcorrente, nel senso di pizzicare i vincenti del momento. Lasciamo pur stare le invereconde "classifiche dei libri più venduti", che sono un diktat degli editori nei confronti anche delle riviste e degli inserti culturali più prestigiosi (stranamente non si pubblicano invece per fortuna statistiche dei concerti e dei teatri più seguiti, dei vini e delle scarpe più venduti, eccetera). E cosi ci ritroviamo da settimane, in testa alla classifica dei libri italiani più venduti e addirittura con un altro suo titolo nella Top 10, una certa Erin Doom con un romanzo evanescente, "Fabbricante di lacrime", Ma anche andando sui libri più consistenti, viene voglia (sempre ogni tanto) di andare contro vento. Un bruscolino dall'occhio ce lo togliamo: il premio Strega. Da anni quel premio (effimero e arbitrario come tutti i premi assegnati da giurie vaghe e comunque soggettive) sembra assurgere, a dire dei media, a un giudizio divino sui libri, a un verdetto infallibile di qualità, quando invece, al di là della ricaduta commerciale (ma sarebbe questo lo scopo del premio?) da anni laurea libri dimenticabili o perlomeno non eccelsi (compreso, sì, il troppo osannato "Colibrì" di Veronesi di due anni fa). Ma quest'anno si è passato il segno: "Spatriati" di Mario Desiati, conclamato e premiato, è un brutto libro e basta, con l'aggravante della furbizia di aver cavalcato l'aura del momento all'insegna dell'ambiguità del tipo gender e sessualità indistinta e giovinezze governate dal "boh". E pensare che in cinquina c'era l'aggraziato, malinconico e divertente romanzo di Claudio Piersanti, "Quel maledetto Vronsky": quello sì avrebbe meritato. In quanto al romanzo vincitore, non volendo inaugurare una funzione di stroncatura critica per la quale non abbiamo i gradi sul cappello, osiamo proporvi parte della recensione subito chiara che addirttura un anno fa, ad agosto, appena uscito il libro, Francesca Sabbatini aveva pubblicato sulla rivista "Pangea".

Spatriati, nel suo complesso, è un romanzo floscio, molliccio, ma il suo autore veste i panni dell'alfiere dell'equilibrismo, non scontenta nessuno, porta il vessillo della gauche fru-fru e ammicca ai sostenitori delle famiglie multicolor, come pol. corr. comanda. I suoi personaggi vivono nell'eterna indecisione dei bamboccioni di casa nostra, scelgono di non scegliere, non si assumono responsabilità, esistono in maniera ambivalente e polimorfa, optano per la comodità, e lo fanno trincerandosi dietro la maschera dei diversi, dei raminghi, degli errabondi inquieti. Vengono, vanno, ritornano - come le nuvole di De Andrè - si adagiano sui cuscini imbottiti dei loro canapè, pronti per una nuova, fittizia, rivoluzione da salotto. Lasciano i nonni contadini al meridione e si trasferiscono al nord, per laurearsi in luccicanti atenei e condurre una vita inamidata da consulenti in giacca e cravatta, ingessati come manichini di Zara, o emigrano all'estero per deragliare da una prestabilita vita binaria, per condurre un'esistenza fluida, forse perché, per dirla alla Woody Allen, questa può raddoppiare le tue chances al sabato sera.

Desiati manda avanti i due personaggi che, sotto le mentite spoglie di nomadi dell'esistenza, celano una lettura totalmente ideologizzata dal genderismo, che va ben oltre il giuoco dello scambio degli abiti e dei rossetti, presentando una narrazione calata unicamente nel tempo presente, che ambisce a lasciare il segno ma non ha i numeri per farlo. È destinata sul nascere a finire nel dimenticatoio perché l'autore punta tutte le sue chips avendo in mano una coppia di sedicenti anticonformisti e un tris di presunte trasgressioni, tenta l'all in senza rendersi conto che al tavolo delle lettere il suo full è debole, le presunte disobbedienze non bastano, laddove il campo letterario in cui l'autore anela a prendere posto è fatto di grottesca ordinarietà raccontata con un linguaggio misurato ed elegante, privo di quegli inutili orpelli che ne involgariscono la narrazione. Si prenda a mero titolo di esempio Le sere, in cui lo scrittore nederlandese Gerard Reve riesce a raccontare di una gioventù traviata in maniera amorale e ironica.Come prevedibile, avendo compiaciuto un po' tutti gli attuali tipi umani à la page, il romanzo riceve un immediato radical chic spin, l'élite progressista lo endorsa sui giornali e sui social, il circolo di mosche che ronza attorno ai premi letterari lo premia con gli zuccherini, lo centrifuga con l'ammorbidente, lo carezza con guanti felpati, riservandogli melodiose parole d'entusiasmo. I suoi protagonisti vengono definiti "fuori dalle righe", la storia qualificata come "sovversiva". (Francesca Sabbatini)