Nadia Terranova
Einaudi
(Pierluigi Battista, da "Corriere delle Sera).Non si dà possibilità di superare il lutto se non si dà una degna sepoltura a chi ci ha lasciati. Non ci si affranca da uno stato di dolorosa sospensione, da un vagare tormentoso e irrequieto attorno alle vestigia del passato che non passa mai, fino a che la terra o l'acqua non custodiscano i resti di chi ci ha abbandonato in questo mondo. Ida «sta in mezzo a due terre», da quando era bambina. La sua casa «non è nessuna delle due». C'è la casa che aspetta, nel continente: un marito, una storia senza figli perché da figli si è stati troppo male ed è un cruccio perenne perpetuare la sofferenza in un altro essere umano. E poi, il cuore di questo romanzo, c'è la casa di Messina «che mi dice addio», piena di oggetti che parlano e di cui ci si dovrà disfare. Invece: né qui, né lì, ma dappertutto, davvero dappertutto, nel cuore, nei ricordi, nelle ossessioni, nella vita che rimane, c'è il fantasma inquieto che non avrà pace. L'«addio fantasmi» che compare nel titolo è un'invocazione, una sfida, un'insofferenza. Oppure lo svanire di uno spettro il cui ricordo doloroso avvelena l'esistenza. Ora quel fantasma è lì, in fondo al mare, in uno Stretto che non conosce ponti, nemmeno simbolici. Addio, fantasma del padre che esce di scena, finalmente ("…)
A Messina Ida viene chiamata dalla madre che vuole vendere la casa. Deve raccogliere le sue cose, selezionare ciò che deve buttare nella camera che era il suo rifugio quando era ragazza, sorvegliare i lavori sul terrazzo, con un ragazzo greco che le confesserà una storia atroce, ma piena di pathos. Però ogni oggetto, ogni fotografia, ogni frammento, ogni respiro di quella casa racconta di un abbandono, di una disperazione, di un padre che un giorno è sparito nel nulla. È morto? È vivo? ("…).
Sono pagine che non inducono alla serenità, queste di Nadia Terranova, ma che caricano i dolori dell'esistenza di risonanze filosofiche sull'assenza, la scomparsa, l'abbandono, la perdita. Non il lutto come normalmente si conosce, un corpo che muore, un funerale, una cerimonia degli addii, un rito funebre: tutti gli atti che scandiscono nel mondo il passaggio di un essere umano da qui all'aldilà. Ma il rimuginare eterno sul «non più». Anzi, non eterno: ma concluso quando una scatola di ferro rosso viene gettata in un meraviglioso stretto di mare. Non la pace interiore raggiunta, perché quella non si raggiunge mai. Ma un ordine ristabilito, la fine di uno smarrimento senza confini. Quando il fantasma, dopo l'addio, esce di scena (p.b.)
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