Sabina Zanini
Gabriele Capelli editore
La persona (non sappiamo, almeno per lungo tempo di lettura, se sia maschio o femmina) protagonista del monologo-soliloquio del romanzo nuovo e sorprendente di Sabina Zanini non ama il mondo in cui è costretta a vivere e lavorare: la banca, i colleghi, i ritmi, le ambizioni e le furbizie, il ronzio delle accelerazioni di iperattivismo e socializzazione obbligata. Sabina Zanini, giornalista alla Radiotelvisione svizzera, esordisce nella narrativa raccontando in un flusso continuo - di fatto senza trama ma con un impressionismo di notazioni e riflessioni soggettive - una forma contemporanea di alienazione. La persona protagonista del romanzo non ci sta al gioco ma deve giocare, non vorrebbe far parte del gregge social-bancario compulsivo e robotico, della folla consumatrice e ansiosa. Deve per forza guadagnarsi il salario ma lo fa in punta di piedi, stando ai margini dell'agitazione. Il suo compito è di valutare se la banca debba concedere dei crediti a dei richiedenti: una faccenda delicata, in cui la persona non vuole mettere troppo il cuore e la passione. Le cose devono funzionare, ma senza affannarsi e senza mettersi in gioco. Pausa pranzo? Colleghi in sciame a mangiucchiare e pettegolare? No, di certo: via subito dal gruppo, in solitaria, sbocconcellando qualcosa in luoghi appartati. Questo rifiuto del mondo rasentando per forza il mondo trova una consolazione privatissima soltanto fra le quattro pareti di casa, quando a soccorrere quel che resta del cuore libero giunge la musica del violino, e in particolare quella di Niccolò Paganini. Quella è la salvezza di arte e ingegno, libera voce in libera emozione. Al di là dell'assunto del romanzo - una critica immaginata in modo volutamente simbolico e quasi patologico e morboso alla società della convulsione mercificata e banalizzata - a colpire è la espressività della narrazione, in cui ai fraseggi di realismo minuzioso (le ore, i gesti, i luoghi, le persone) si mescolano gli acuti di rapide riflessioni profonde, piccole sentenze seminate ad arte. La persona così ribelle all'alienazione sociale - anzi, la scrittrice stessa - possiede una bella riserva di curiosità culturale e di conoscenza, e lo si capisce benissimo. A parte il soccorso della musica di Paganini, traspaiono passioni colte e singolari, come per esempio la stima ben documentata per la cultura ebraica, segno di sensibilità intellettuale. Un bell'esordio, una sfida di racconto abbastanza coraggiosa e singolare. Per questo romanzo Sabina Zanini ha vinto nel 2021 il premio Studer/Ganz, importante riconoscimento svizzero alle opere prime.
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