Circolo dei Libri

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04agosto
2017

Deborah Lévy-Bertherat

Einaudi

Ecco un romanzo francese provvisto di lievità e gravità al tempo stesso. Ci sono dei misteri, degli enigmi legati a un personaggio intenso ma sfuggente, c'è in sottofondo la lontana ferita non cicatrizzata degli ebrei perseguitati (in questo caso in Francia) negli anni della Guerra. E c'è l'ariosa curiosità di una giovane donna d'oggi che ha voglia di vivere ma anche di sapere. La trama, svelta e densa, viene raccontata con grande delicatezza e grazia, senza cupezza ma con i rintocchi della nostalgia, dello struggimento per un passato doloroso pur dentro la letizia del tempo nuovo, presente. "I viaggi di Daniel Asher" ,appena tradotto da Einaudi, è il primo romanzo di Déborah Lévy-Bertherat , docente di letteratura comparata all'Ecole Nationale Supérieure di Parigi e traduttrice dal russo, che porta nel suo nome la radice della propria ebraicità. Il suo romanzo è costruito come un mistero, un'indagine, un percorso dell'anima sia nel presente, sia nel passato. Il presente è quello di una giovane studentessa di archeologia che dalla provincia si trasferisce a Parigi, di un ragazzo che le piace, della sua curiosità per i segreti di un prozio giramondo. Il passato si presenta come una archeologia in due sensi: quella sperimentata con gli scavi sul terreno dalla studentessa e l'archeologia della memoria alla ricerca di brandelli di storia (piena di zone d'ombra) della propria famiglia. Spicca la figura del prozio Daniel, fratello della nonna ma forse provvisto di una sua identità più recondita, nascosta, forse drammatica. Il racconto è ben congegnato, con qualche rimando quasi favolistico. L'autrice sa esplorare con grande finezza espressiva le ferite di una storia familiare e civile (il dramma degli ebrei francesi negli anni '40) e al tempo stesso sa dare il respiro vitalistico e aggraziato lieve di una giovane studentessa che sbarca a Parigi iena di stupore per la città e per l'esistenza. E scopre che la memoria può essere labile, immaginosa, ambigua, rivelatrice e depistatrice. L'intreccio è palpitante: una detective story dell'anima e della memoria, con l'innesto anche della componete dell'invenzione letteraria: c'è uno scrittore che sotto pseudonimo manda "messaggi in bottiglia" dentro le trame dei suoi libri d'avventura per ragazzi. A colpire, di questo romanzo, è soprattutto lo stile fresco, minuzioso, pulito: una limpidezza che sa dire la grazia del presente e l'ineluttabile morso del passato.