Circolo dei Libri

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27settembre
2019

Georges Simenon

Adelphi

Nella fluviale produzione narrativa di Georges Simenon, ecco un romanzo che spicca in modo particolare (seppure sempre il talento enorme dello scrittore belga primeggi in ogni sua opera) per la forza stupefacente dell'invenzione. Simenon in questa storia che si snoda, mobile, fra le Ardenne e la Franciaatlantica, evoca l'atmosfera mutevole del viaggio e il segno dei destini che cambiano perché intercettati da accadimenti imprevisti, come quelli di una mobilità forzata che sradica le persone da un cerchio chiuso verso altri tempi e spazi. "Il treno" racconta la "perturbazione" di vita di una quieta esistenza che viene all'improvviso mossa dal vento di guerra (siamo nel maggio del 1940). Ma non è un libro di guerra (la guerra fa sentire da lontano il suo rombo e scombussola le vite ma non abita direttamente il romanzo): è piuttosto un libro d'amore, con tocchi erotici e uno struggente, accorato desiderio di felicità. Solo due parole sull'avvio della trama (la genialità drammaturgica di Simenon merita che il lettore se la goda per intero): Marcel Féron abita in un borgo delle Ardenne, ai confini con il Belgio, con la moglie e una bimba di quattro anni. La moglie è incinta di un'altra creatura, la loro è una vita di basso respiro, normale, quasi ripetitiva e banale. Marcel ha un negozio in cui aggiusta apparecchi radio, il lettore viene vagamente informato del fatto che egli ha avuto una infanzia difficile, con una madre smarritasi e un padre alcolizzato quando tornò dal fronte della Prima Guerra. Un giorno, il 10 di maggio del 1940, Marcel (che ogni mattino ausculta nello sfrigolio delle frequenze i programmi radio, aspettandosi che qualcosa, dal fronte della guerra appena scoppiata, accada e forse rimescoli la sua vita, una specie di paura ma anche di desiderio inconscio) apprende che i nazisti hanno invaso l'Olanda. Presto saranno in Belgio, forse al nord della Francia, bisogna fuggire. Con la piccola famiglia di Marcel corrono ad assaltare il treno altre centinaia di persone del borgo. Sui vagoni passeggeri salgono madri, bimbi e vecchi, gli altri stanno nei carri merci. Anche Marcel viene separato dalla moglie e dalla bambina. Mi fermo qui, dirò soltanto che succedono cose, vagoni vengono staccati, altri treni si incrociano, ci sono i raid aerei dei tedeschi, i destini delle persone vengono scompaginati, Marcel si imbatterà senza volerlo (ma forse lo desiderava da sempre?) in un incontro fatale: ma lui ha un "prima", un filo di vita e di responsabilità. Questa drammaticità (il viaggio che cambia le vite, il quieto affetto e la virulenza della passione) è il tono narrativo del romanzo e anche lo specchio metaforico dell'esistenza umana. Tutt'intorno, la sfilata dei paesaggi: il treno attraversa campagne, boschi e villaggi, scopre di corsa scorci di tranquilla vita di provincia (poi noi lettori sappiamo che arriveranno i tedeschi). Scrittura lucida, essenziale, che morde, come sa fare Simenon. Una storia che affascina e turba.