Mario Benedetti
Nottetempo
Nella narrativa sudamericana fioriscono anche nomi diciamo minori rispetto ai "grandi grandi" come Garcia Marquez o Vargas Llosa e altri ancora, ma di nitida, originale forza. E' il caso di Mario Benedetti, voce notevole di un piccolissimo paese ricco di storia, di carattere e di cultura propria, l'Uruguay. Benedetti, morto dieci anni fa a 89 anni, è un narratore schietto, godibile, pieno di vitalità e di sentimenti e al tempo stesso attento, senza pesantezze, allo sfondo sociale e politico. Merita di essere conosciuto e letto e ha fatto bene l'editore Nottetempo a tradurre parecchi suoi romanzi. Questo, appena edito in Italia, fu scritto a metà degli anni '90 e racconta la storia di Javier, che per dieci anni, al tempo della dittatura dei militari in Uruguay, era rimasto in esilio, in Spagna. E' la storia del suo ritorno, come dice il sottotitolo stesso ("il romanzo del ritorno"). Il titolo, "Impalcature", allude invece ai sostegni eretti attorno alle case in costruzione o in rifacimento, quei tralicci e tavolati che servono per salire e costruire (e dai quali talvolta si può anche malamente cadere). Diciamo che il titolo è metaforico, ecco. Javier dunque torna e trova un paese cambiato. Con timidezza e turbamento contatta a poco a poco i vecchi compagni dell'opposizione, alcuni dei quali fuggiti come lui in esilio ma altri incarcerati e spesso torturati. La dittatura ha lasciato segni di sgomento, paura, sconcerto. Ma la polpa della calda e viva società uruguaiana ha la sua pulsione e questo non è assolutamente un romanzo politico, anche se il male recato dalla dittatura è tutto palesato. E', soprattutto, un romanzo di vita. Javier è un uomo normale, con la sua intensa avventura sentimentale in Spagna e la sua solitudine del ritorno e poi l'incontro con una donna di forte, bella e ferita femminilità. Lui ha in giro cocci amati o anche difficili di vita familiare (una figlia, una madre, fratello e sorella) e ha nel cuore parecchi amici solidi. Deve ricucire tutto. Mario Benedetti ci diverte, spesso ci commuove, ci rende stupiti per i fiotti di vita, per il carico dei ricordi e la forza della speranza. Le cicatrici lasciate dalla dittatura non sono allegre, molte vite risultano ammaccate ma il sangue vivo del "qui e ora" corre in vene ancora desiderose di giovinezza da recuperare. La modalità delle "impalcature" dei brani diversi tra di loro rende poco unitaria e un po' disarmonica la narrazione, che ha sprazzi di diversissima fattura, quasi come una cronaca dettata dal battito dell'attualità. Benedetti diverte il lettore, spesso con vis comica palese, talvolta con il racconto delle goffe e intenerite vicende sentimentali e di coscienzae familiari del protagonista. Ma dentro la sua narrazione corre anche la crepa di una sofferenza privata e civile, di una lunga notte che aveva per dieci anni congelato il tempo e i sogni di una generazione. Si riprende a vivere, a incollare i frammenti rotti, a risentire il gusto della vita, ecco la rivoluzione non più tanto ideologica di un gruppo di uomini e di donne che semplicemente credono nell'esistenza e in una sua moralità. Sullo sfondo, una palpitante, bella Montevideo, affacciata sul Rio della Plata.
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