Abraham Yehoshua
Einaudi
Rachele è una ragazzina dodicenne, italiana, per parte paterna è ebrea mentre i nonni materni sono cattolici, anche se la nonna è atea convinta, al contrario del marito, credente. In mezzo a quel groviglio di fedi diverse e convinzioni opposte, Rachele cerca di navigare seguendo il radar istintivo della sua età di grazia, fra infanzia e adolescenza. La ragazzina osserva, pensa, annota: ha guizzi di giudizi secchi e azzeccati, e dubbi, e curiosità accese. Nelle sue oscillazioni di spostamenti fra genitori e nonni vari, fra la vita in una città del Nord Italia, una puntata in Liguria e una vacanza sciistica nelle alpi, Rachele vive una iniziazione inquieta alla vita degli adulti. Abraham Yehoshua ha dichiarato in una intervista che questo suo romanzo sarà l'ultimo suo libro, definitivamente. Ha detto che a 85 anni, dopo aver perso l'amata moglie pochi anni fa e dopo aver avuto il ritorno grave di un tumore che era riuscito a domare, non se la sente più di creare un romanzo. È stanco, sfiduciato, malato. Chi ha amato e ama Yehoshua e i suoi grandi romanzi non può che rattristarsi per questa fragilità grave così sinceramente confessata. Però va subito detto che "La figlia unica" è tutt'altro che triste e drammatico, anche se vi aleggia, comunque, l'ombra vaga ma non eludibile della malattia e della morte. Ma ci sono anche allegrezze e vivacità, Rachele sprizza vita dal suo animo, prova i primi palpiti curiosi di sentimenti per ragazzi timidamente adocchiati, è impertinente e sensibile, fantasiosa. Yehoshua sembra trasmettere a questa ragazzina una specie di testimone esistenziale da portare avanti, un lascito che perduri, un passaggio di consegne fra il vecchio scrittore e la sua giovanissima ragazza creata sulla pagina e pensata nella testa e nel cuore. In più, l'incertezza e la confusione delle identità (simboleggiate da numerosi travestimenti, per gioco carnevalesco o per necessità) sembrano indurre lo scrittore a relativizzare le grandi divisioni e fratture di natura religiosa. Se le persone, anche care e familiari, possono avere fedi e appartenenze culturali diverse, forse allora bisogna davvero relativizzare gli assolutismi e addentrarsi in un territorio identitario più fluido e tollerante. La natura un po' sentimentale (forse un po' troppo?) di questo romanzo si accentua con la presenza di molti riferimenti al libro italiano "Cuore", di De Amicis, con tutti i suoi palpiti emotivi (singolare che Yehoshua lo conosca così bene). Rachele , nella sua intensa età "spugna", comincia ad avvertire le grandi domande umane e universali sulla vita, sulla morte, sul divino. A un certo punto le pare di capire di desiderare di poter avere un Dio non tanto potente, non tanto padre, quanto invece soltanto e soprattutto fratello (lei che è figlia unica). È uno Yehoshua strano, per certi versi molto nuovo, questo dell'ultimo suo romanzo. Forse non la sua opera più grande (anzi, certamente no): ma chi ama i suoi libri, legga questo romanzo per sentirsi, di Yehoshua, fratello.
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