Paolo Cognetti
Einaudi
Paolo Cognetti è scrittore solido, ha 38 anni, studia e traduce la narrativa americana e la sua prosa ne risente in modo felice, concreta e mai calcolata ad effetto, rigorosa, sobria, raffinata in una sorvegliata semplicità densa. Ha vinto con "Le otto montagne" il premio Strega 2017 e il riconoscimento sembra proprio laureare quello che risulta essere il romanzo italiano più interessante, a modo suo innovatore e certamente bello, degli ultimi dodici mesi. E' un romanzo di montagna, senza la retorica della montagna ma con la passione vera, fisica e mentale, per l'aspro fascino e per la bellezza sobria della montagna. E' un libro sull'amicizia fra due ragazzi che diventano uomini: Pietro abita in città e passa le estati in un villaggio di montagna , sotto il Monte Rosa. Bruno è un ragazzo di lassù, per il quale la montagna non è la villeggiatura ma è l'abito totale dentro cui vive. Nella diversità Pietro e Bruno sono complementari, si avvicinano, camminano, corrono e crescono nell'aria fine della montagna d'estate. Quell'amicizia continuerà, anno dopo anno, si arresterà, riprenderà, i fili di destini diversi si ricollegano di tanto in tanto lassù, d'estate e poi anche d'inverno, lungo sentieri alti, arrampicate, biancore di nevai e ghiacciai. Pietro da ragazzo segue suo padre in montagna: un padre difficile, un padre di città stregato dalla montagna e che trasmette al figlio quell'amore con pedagogia autoritaria. Pietro seguirà e poi si ribellerà, cercherà la propria via diretta per salire ai misteri delle montagne. Più tardi, molto più tardi, su quelle pietraie e quelle vette forse capirà finalmente suo padre. Tutte queste cose, e soprattutto la intermittente ma salda, profonda amicizia fra Pietro e Bruno, diventati uomini, stanno dentro un romanzo molto bello, una vera rivelazione. La montagna qui non è mitizzata, non è un idillio alpestre, non c'è nessuna retorica e non c'è nemmeno il ribellismo ecologico e trasgressivo alla Mauro Corona, per intenderci. C'è, semplicemente, il realismo della montagna oggi. Ai bordi del villaggio stanno anche cascinali diroccati, in alto ci sono alpeggi abbandonati, un mondo di civiltà contadina sembra allo stremo, in basso lavorano le ruspe, si cambiano i corsi dei torrenti. Ma la montagna, fuori da ogni mito e dentro l'aspra bellezza della sua fisionomia scabra, maestosa, dura, sontuosa, conserva il suo fascino indicibile che ne fa una metafora di vita e un altrove fisico ed esistenziale da esplorare. Un romanzo di montagna, s'è detto. Ma anche una storia esistenziale, di amicizia e di amori, di paternità e maternità, di struggimenti e inquietudini. Noi svizzero-italiani che siamo prealpini sappiamo bene quanto la montagna ci appartenga. Ma la vera montagna che amiamo alla fine non è un assoluto astratto, una definizione. Ognuno invece possiede la propria montagna (quella che ha vissuto e amato, dove ha percorso sentieri di altura e di vita): " era come se, attaccando lo stesso vecchio sentiero una volta all'anno, si addentrasse tra i ricordi e risalisse il corso della propria memoria". Quando Pietro conosce altre montagne grandiose, in Himalaya, sa che la sua vera montagna però è quella dell'infanzia: "Pensai che tutte le montagne in qualche modo si somigliano, eppure non c'era niente, lì, a ricordarmi di me o di qualcuno a cui avevo voluto bene, ed era questo a fare la differenza. Il modo in cui un luogo custodiva la tua storia".
"Otto montagne" ha conquistato i lettori e anche la critica e sta per essere tradotto in diverse lingue. Racconta la natura impervia, maestosa, difficile, misteriosa della montagna. E narra parole, silenzi, sentimenti. E ruvide confessioni di inquietudini e desideri davanti al fuoco delle baite e a un mezzo litro di vino, dentro le calde tane di legno di rifugi e cascine mentre fuori stringe il gelo nevoso. Ci parla, questo romanzo, anche dell'ostinata lotta di chi vuole continuare a far vivere, lassù dove finisce il mondo, fra mandrie e solitudine, un pezzetto di civiltà. La dura, preziosa civiltà contadina di montagna.
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