Ian McEwan
Einaudi
"Nel guscio", pubblicato in Inghilterra nel 2016 e subito tradotto da Einaudi, ci riconsegna un McEwan in forma splendida. Il romanzo, come si capisce subito sin dall'inizio, si regge su una invenzione singolare (cosi immaginosa da apparire persino sfiziosa; comunque felice): l'io narrante è un bambino non ancora nato, un feto che sta nella pancia della sua mamma e da lì percepisce suoni e sensazioni del mondo. Naturalmente l'invenzione di McEwan va allegramente oltre la scienza ed è puramente e giocosamente fantasiosa, letteraria, divertita: forte di un misterioso codice genetico, di un DNA che trasmetterebbe pre-cognizioni, il bimbo non ancora nato di McEwan osserva, azzarda giudizi, pensa. Per dirne una: se la mamma beve un buon vino, lui ne riceve il sapore e azzarda che si tratti di retrogusto di frutti di bosco. Il rapporto fra il nascituro e la sua mamma è complesso: c'è un forte legame d'amore ma anche sospetti e diffidenza. Il fatto è che la bella e giovane mamma ha una sua spregiudicata malizia, con malversazioni affettive: tradisce il padre legittimo del bambino, per esempio. E così nella storia spunta un secondo uomo. Le cose si complicano quando la trama diventa "gialla", con presagio di un delitto perfetto. Di più non dico perché davvero McEwan come un prestigiatore regala al lettore colpi di scena e suspense raffinatissima. Il romanzo è dunque un "giallo" ma anche un divertito e nondimeno serio percorso di riflessioni sulla vita, sul mondo. E sul battito della contemporaneità. Nel filo narrativo del nascituro irrompono scene e dialoghi serrati ma anche affondi improvvisi di pensieri dietro cui si nasconde il romanziere. Per esempio da pagina 24 a pagina 27 ci sono due punti di vista opposti ed efficacissimi: da una parte qualcuno dice che il nostro mondo occidentale e anzi tutto il pianeta stanno andando a catafascio, dall'altra c'è chi risponde che non siamo mai andati così bene come ora"… In un altro punto c'è una splendida sintesi sul polso attuale della nostra Europa: "L'abbinata di guerra e povertà, con la minaccia del mutamento climatico tenuta in panchina, snida milioni di essere umani dalle loro case, antichi flussi epici in forma nuova, immensi spostamenti di persone, come fiumi ingorgati dalle piene in primavera, Danubi, Reni, Rodani di gente furibonda, disperata, speranzosa ammassata ai confini, accalcata ai cancelli di filo spinato, gente che annega a migliaia per condividere le fortune dell'Occidente. La Vecchia Europa si gioca a testa o croce i propri sogni, incerta fra paura e compassione, fra accoglienza e rifiuto. Commossa e generosa questa settimana, ruvida e pragmatica la prossima, vorrebbe essere d'aiuto ma detesta condividere o rinunciare a ciò che ha". A parte queste belle fiondate sui massimi sistemi, la narrazione è tesa intorno alla trama vivida e ai sussulti pre-esistenziali del nascituro. Il quale almanacca ipotesi sul proprio futuro e si immagina al culmine della giovinezza: "diciamo a un ventotto anni da adesso. Jeans attillati e stinti, addominali asciutti e disegnati, un'andatura sciolta, da pantera: provvisoriamente immortale". Quel "provvisoriamente immortale" per dire l'incosciente e allegra sospensione del tempo nelle stagioni di giovinezza è puro Mc Ewan, ovvero l'arte della sintesi felice. "Nel guscio" è un romanzo giallo, infine. Raccontato da un bimbo che sta per nascere, è anche un inno alla vita nonostante tutto.
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