Jacques Chessex
Armando Dadò editore
Perdonami, madre, perché quando eri viva io non ho trovato il tempo di dirti quanto ti amavo e adesso tu non ci sei più e voglio dirtelo quando ormai è troppo tardi, ma provo lo stesso: questa, asciugando, potrebbe essere la sintesi del romanzo-confessione di Jacques Chessex, scrittore svizzero romando, vodese. Non è nuovo in letteratura certo rimorso con lacrime tardive di maturi maschi distratti da egotismi intellettuali e narcisismi e a caccia di seduzioni nei confronti di una madre venerata da morta ma distrattamente trascurata da viva. Lo dice bene, nell'ottima prefazione a questo strano e anche commovente romanzo del 2006 pubblicato ora in italiano dall'editore Dadò, la sua traduttrice, la studiosa di letteratura Annalisa Izzo. Fra gli esempi da lei evocati spicca "Le livre de ma mère", di un altro svizzero, Albert Cohen, il quale nel 1954 si dolse fortemente, con uno struggente sfogo intimo, della propria indifferenza verso la cara madre quando lei era ancora viva, con lui tutto preso da vanità e amori effimeri. La stessa, quasi identica parabola di rimpianto e di lacrime di coccodrillo (versate peraltro con grande tenerezza e profondo turbamento interiore) la compie nel 2006 Jacques Chessex, con il suo "Pardon mère". Chessex (1934-2009) fu scrittore importante, forte e disturbante, fra l'altro laureato con il prestigioso premio francese Goncourt nel 1973 per il romanzo "L'Ogre". I suoi libri sono spesso incupiti, sinceri fino alla sconvenienza e alla sgradevolezza e senza compiacimenti facilitanti. La sua scrittura risale ai tormenti esistenziali di un uomo difficile che non fa sconti a nessun lato oscuro dei suoi personaggi, spesso con forti accenti autobiografici. Invece in questo libro dedicato alla madre scomparsa Chessex si intenerisce fino a mostrare la sua fragilità più indifesa, in una autocritica tardiva ma sensibile, delicata, appassionata e volta a una pacificazione. La vita, come si diceva, riserva spesso a uomini intellettualmente e vitalisticamente frenetici e un po' egoisti una distrazione colpevole, in età adulta, nei confronti della madre, così tanto amata invece nell'infanzia, nei soliti mix di abbandono fiducioso e di rimandi edipici. Chessex confessa palesemente questa sua dimenticanza nei confronti di una madre buona, distinta, signorile, discreta, di buona società borghese e forte senso morale, proprio lei che ha amato per tutta la vita senza dubbi o indugi quel figlio che tanto clamore imbarazzante aveva sollevato con i suoi libri un po' scandalosi e con tanti atteggiamenti provocatori o rabbiosi. Soltanto quando la carissima mamma muore, molto anziana, l'autore si rende conto di quanto lui, quando si illudeva di avere davanti a sé tantissimo tempo per farlo e quindi non si era messo fretta, avesse dimenticato di dire alla madre quanto lui la amasse. Ci vorranno cinque anni di struggimento e un sofferto lavorìo interiore e infine un libro drammatico e salvifico al tempo stesso per pacificare quella ferita. Nella sua bella introduzione Annalisia Izzo inquadra l'opera dal punto di vista letterario e psicologico e commenta la forza stilistica della prosa di Chessex, fiorita di affondi lirici che rendono più vera e vibrante questa narrazione accorata e privata. Nel breve video presente nel nostro sito ci sono alcune citazioni di brevi ma eloquenti passaggi del libro (che qui non si ripetono) quali lampanti prove della forza affettiva e lirica, tormentata ma anche piena di speranza, del testo di Chessex. C'è, nella "lettera" accorata e postuma alla madre, un afflato di natura palesemente religiosa, nel senso non confessionale ma piuttosto cosmico. La madre, che in vita amò la natura (campi, orti, piante e uccelli) assume ora le sembianze addirittura della stessa misteriosa "madre natura"e diventa la speranza di un collegamento, di una ricucitura tra figlio e mamma in un aldilà dove lei lo sta aspettando. Un libro intimo, questo di Chessex, una confessione senza sconti a se stesso.
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