Antonio Manzini
Sellerio"‹
"Quando un solo cane si mette ad abbaiare a un'ombra, diecimila cani ne fanno una realtà" (Cioran). Questa frase è stata scelta quale introduzione da Antonio Manzini per il suo nuovo romanzo "Pulvis et umbra" (un titolo in latino, "polvere e ombra": bello), in cui ricompare il vicequestore Rocco Schiavone, romano spedito a fare il poliziotto nel freddo della Valle D'Aosta per una specie di punizione e lassù indagatore su delitti e soprattutto su storie e tormenti umani (uno poi, di tormento intimo, ne ha lui, doloroso nella memoria...). Schiavone è aspro di carattere, quasi rognoso, ma uomo vero. In questo ultimo romanzo ha a che fare con un doppio enigma da indagare, in valle d'Aosta e a Roma. E c'è ombra, e c'è polvere, metaforicamente. Conviene però, se si vuole conoscere il percorso esistenziale di questo vicequestore sbattuto dagli amati tepori romani su nelle fredde montagne valdostane a scontare un eccesso di generosa e illecita rabbia, cominciare dall'inizio. Infatti le avventure di Rocco Schiavone, poliziotto che ha cattivssimo carattere perché ha molto carattere, hanno una loro evoluzione da romanzo in romanzo. Sarebbe peccato, per chi ama i gialli (quelli di qualità, intendo: degli altri non curiamoci) entrare a metà nel cammino di vita di quest'uomo preso da inchieste poliziesche e da privati incubi di dolorosa nostalgia. E dunque ecco l'elenco cronologico dei libri, tutti editi da Sellerio, con cui chi ancora non conosce Schiavone scoprirà uno dei più riusciti personaggi (stliisticamente, nella sostanza e nella piacevolezza di lettura) del fin troppo affollato genere del poliziesco: "Pista nera", "La costola di Adamo", "Non è stagione", "Era di maggio", "7.07.2007", "Pulvis et umbra". A parte, "Cinque indagini romane per Rocco Schiavone". La lettura progressiva aiuta anche a capire quanto la sicurezza di stile e la tensione del racconto siano andate crescendo di romanzo in romanzo (con una lieve diminuzione in "Era di maggio", forse troppo abitato da episodi e personaggi). Rocco Schiavone, già commissario di polizia a Roma e ora vicequestore, un giorno ha malmenato per bene un giovane e torvo stupratore seriale, troppo protetto dal padre, un politico importante. Uno sdegno comprensibile, quello di Schiavone: ma un poliziotto certe cose non le deve fare. E dunque eccolo allora trasferito per punizione nella questura di Aosta, lontanissima dall'aria romana che sa di scirocco e odori di cucina verace e abitata da amici veri anche se di dubbia reputazione. Schiavone non si rassegna al freddo alpino, contro il quale, testardo, si difende soltanto indossando un loden e calzando scarpe Clarks: rifiuta di convertirsi ai goffi scarponcini impermeabilizzati che usano da quelle parti e così in meno di un anno ad Aosta ha gia' fatto fuori una decina di paia di scarpe. Il vicequestore è strano, spesso silenzioso ma quando parla parla abbastanza sboccato e manda volentieri a quel paese la gente; fa vita da single introverso anche se assesta quache zampata arruffata e senza passione ad alcune donne locali provviste di bellezza e desiderio. Ma lui sembra anaffettivo. Il fatto è che cova da solo un suo segreto doloroso: nel chiuso del suo squallido appartamentino valdostano spesso dialoga con una donna, Marina, che è assente. Dietro la mancanza letale di quella donna così importante sta un episodio, un mistero che di romanzo in romanzo prende vagamente forma e si svela in "7.07.2007". Diciamolo: Rocco Schiavo è un antpatico che piace, un polizotto onesto che tuttavia non esita a a compiere qualche furbata ai margini della legalità. Possiede un fiuto formidabile ed è schifato dalle scoperte del male umano in azione (lui ne sa qualcosa) fra delitti, corruzioni e ipocrisie sociali. Dietro il suo carattere impossibile - spesso da tirare schiaffi - batte un cuore ferito e vero, di forte tempra.
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Mondadori