Circolo dei Libri

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28febbraio
2020

Rachel Cusk

Einaudi

Forse è un po' esagerato ma ha colto qualcosa di vero uno dei più prestigiosi settimanali letterari al mondo, il "New Yorker", quando ha detto che la scrittrice Rachel Cusk ha «demolito e rifondato il romanzo». Einaudi, che già aveva pubblicato i primi due romanzi di una singolare trilogia ("Resoconto" e "Transiti") ha appena mandato in libreria "Onori", che la conclude. Ed è la conferma di un talento sicuro, di una originalità espressiva e stilistica che davvero scuote la forma-romanzo. Rachel Cusk, 53 anni, canadese di Toronto, vive in Inghilterra. Nei tre libri si mette nei panni di Faye, una scrittrice molto simile a lei, presa anche lei come tante donne dal desiderio creativo e dagli impegni e dai lacci affettivi di mariti e figli e desideri e crucci. Ma parla di se stessa soltanto un po' e invece lascia sgorgare, in un flusso narrativo di discorso diretto, le "storie degli altri", confessioni e sprazzi di vita che le persone da lei incontrate un po' ovunque fanno filtrare. Collezionista di brandelli di storie amalgamati in una musica narrativa lineare, Rachel Cusk si insinua spesso nel discorso con rapidi e lucidi affondi di riflessione che sembrano colpi di stiletto, appunti di filosofia esistenziale. Ma non esagera nell'interventismo: lei resta una "registratrice" attentissima degli sfoghi narrativi altrui. Diciamo subito che i tre romanzi si leggono tranquillamente anche in modo non cronologico: quello attualmente nelle librerie, e che ha lanciato alla grande il nome di Rachel Cusk, è l'ultimo, "Onori" (ma già Mondadori negli anni scorsi aveva pubblicato due precedenti suoi romanzi). Dovendo consigliare un titolo prioritario della trilogia, direi che "Transiti" ha la forma narrativa più felice, con una perfetta saldatura fra le piccole traversie domestiche della protagonista e le nervature e le ferite esistenziali delle persone in cui lei si imbatte. L'ultimo, "Onori", con un approccio più "intellettualistico" affonda il bisturi nella carne un po' dolente del mondo letterario attuale, con il pretesto di un convegno di scrittori (da qualche parte nel sud dell'Europa) cui la protagonista-scrittrice viene invitata, imbattendosi in intervistatori inconcludenti o vanesi, editori cinici, scrittori magniloquenti o frustrati: un graffio divertito e amaro sulla laccata superficie del mondo delle lettere, forse un po' troppo pensato a tavolino in chiave critico-ironica. Nel primo romanzo della trilogia, "Resoconti", Cusk mette in scena il meccanismo della sua funzione di "uditrice" attenta, cominciando con l'imbeversi dei crucci personali (ma anche delle mire) del suo strano vicino di posto nel viaggio in aereo verso Atene: la protagonista è invitata in Grecia per tenere dei corsi di scrittura in una "residenza letteraria" e già qui il mondo nervoso e un po' patologico della scrittura viene preso di mira. La critica anglosassone, lodando la Cusk, parla di "letteratura negativa", vale a dire senza intrecci e dialoghi diretti. Leggendo i suoi romanzi, nondimeno, si odono brandelli di storie che affascinano i lettori: ed è il sogno dei cantastorie di ogni tempo.