Circolo dei Libri

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02marzo
2018

Marco Balzano

Einaudi

Marco Balzano, 40 anni, premio Campiello nel 2015, autore di tre romanzi belli (ne abbiamo parlato qui con grande apprezzamento), torna in libreria con un nuovo romanzo. Sbarcato da Sellerio alla Einaudi, ha lasciato il tema che gli era caro (la migrazione da sud a nord, fra speranza e nostalgia) e ha mosso la sua storia nel Sud Tirolo. In copertina spicca la fotografia dell'ormai famoso campanile sommerso, che è tutto quel che resta in superficie (ed è storia vera) dell'antico villaggio di Curon, seppellito nelle acque artificiali dell'immenso bacino idroelettrico costruito negli anni '50. Sotto quel campanile nonsta solo una chiesa di pianta romanica, non stanno solo le rovine di un paese che fu: ci sta la memoria di generazioni, affetti, sapienza contadina, sacrificio, lavoro, sentimenti. Storia. Balzano inquadra questa vicenda drammatica risalendo il filo romanzesco di una storia personale, quella di Trina, una donna, una maestra sudtirolese, italiana di cultura tedesca, che racconta, anziana, la sua giovinezza, la sua età di mezzo. E parla senza vederlaa una figlia che è perduta, una bambina che tanti anni prima era scomparsa, portata via dagli zii affezionati cui ogni tanto Trina fiduciosamente la lasciava. Il fatto è che quel brandello di popolazione italiana di cultura tedesca, negli anni '30 vide arrivare il fascismo con la sua colonizzazione culturale e di potere. Nelle scuole veniva bandito il tedesco e le maestre come Trina insegnavano clandestinamente ai bambini la lingua madre negli scantinati e nelle stalle. Pressati dal fascismo italiano, molti sudtirolesi videronel nazismo, di cultura tedesca, una specie di terra promessa di identità. Molti risposero all'invito germanico di migrare nella grande patria tedesca e partirono, tra cui gli zii con la bambina, la quale non lasciò traccia, se non una lettera. Trina e il biondo e introverso ma generoso marito Erick, con il figlioletto, resteranno feriti profondamente, segnati da quella amputazione. Non sto a dire della trama. Che appassionerà il lettore. Verrà la guerra, con i suoi drammi e lutti, verranno le fughe in montagna, nei boschi, nelle cascine d'altura su nella neve e nel gelo, di chi non vuole più combattere, né per i fascisti, né per i nazisti, e si farà disertore, verrà la pace, finalmente, con i suoi straziati bilanci di assenze. Ma verrà anche il dramma della diga, che vuole togliere terra e casa alla popolazione. Alcuni accettano supinamente, altri se ne vanno, altri ancora decidono di rimanere ("resto qui") e di battersi. Scrivono al presidente del governo De Gasperi, vanno persino dal Papa. La storia andrà come andrà. Di quell'intreccio di vicende personali, sentimentali, morali, con poca felicità a sprazzi e molto dolore mescolate a quelle delle lacerazioni culturali e di indentità, della guerra, dello strapotere dei "padroni" della Montecatini e del governo che stanno allagando la valle, Marco Balzano si fa cantore sensibile, attento ai caratteri veridei personaggi, alle loro sofferenze, ai loro palpiti esistenziali, ai loro strappi di amore e sofferenza. Dove la storia è più romanzata, avvincente, ritroviamo il Balzano di vena felice. Talvolta lo scrupolo documentario di testimoniare un dramma civile e collettivo si fa qua e là anche didascalico, a scapito della vivezza narrativa. Ma il romanzo si gusta con partecipazione e addirittura con solidale trepidazione per i personaggi. Marco Balzano si conferma narratore originale sicuro, una voce fresca ma anche matura nella narrativa italiana d'oggi.