Richard Ford
Feltrinelli
Bilanci di vita, vite ampiamente vissute ma ancora tenacemente appese all'istinto pisco-sociale di sopravvivenza. I cocktails, le amanti e gli amanti, i rassicuranti e fidati oppure asfissianti rapporti di coppia nel deposito coniugale degli anni, le domande sul senso che un'esistenza forse ha avuto quando in quella esistenza si fa sera, lo struggimento per un possibile senso da afferrare ancora. Queste piste di sintesi sono soltanto un traccia dei racconti che sotto il titolo "Scusate il disturbo" Richard Ford (uno dei maggiori scrittori americani viventi) ha pubblicato quale sua opera più recente. Non è un paese per giovani, quella raccolta di racconti, quasi completamente abitati da vecchi, perlopiù ben messi e ancora scalpitanti con cautela, gente di norma ricca, immobiliaristi, finanzieri ben pagati e appagati, scrittori forse non eccelsi ma con buoni introiti, avvocati quasi a riposo e intellettuali un po' sfibrati. Attorno ai barbecues e con l'aiuto di Martini abbondanti si ripensano le vite, perché un significato, un lascito, una solidità non solo economica possono forse mitigare la ben nascosta paura dell'abisso che ci attende tutti. Ho provato dunque a dare l'atmosfera interiore e lo struggimento esistenziale di questi personaggi vivi e affaticati che gustano le ore presenti e meditano su quelle passate, sui rapporti personali, i sentimenti, le storie, le carriere. Al di là di ciò, quello che davvero conta e che rimane, in questi racconti di Ford (lui stesso appartenente alla generazione di cui parla: è nato nel 1944) è la forza della sua narrazione, è l'avviluppo fluido della sua capacità stilistica, fra dialoghi densi e secchi e acute riflessioni nascoste. Ford con questi racconti ricorda il John Updike di certi romanzi (per esempio "Coppie") e poi anche il Roth delle vecchiaie ipocondriache o nostalgiche. Forse esiste davvero una mai ufficialmente istituita "scuola americana" di scrittura fiorita in questi ultimi decenni in cui i "vecchi" (vivi o morti) Roth, Malamud, Updike, Vonnegut, Williams, Ford appunto e altri restano per il momento ancora più solidi rispetto ai talentosi ma più inquieti, indecisi Franzen, Auster, Foer,"…. Ma queste sono soltanto soggettivi tentatovi di impressioni, per cercare di situare il nome di Ford nel panorama della narrativa americana. Resta il fatto che i suoi racconti sono un ritratto d'America fuori da ogni retorica, con istantanee di normale, spesso banale, inquieta e talora drammatica quotidianità. I personaggi sembrano quelli che guardano spesso da finestre-bovindo e dalle terrazze nei dipinti dal pittore Edward Hopper dentro luci serali dorate, estenuate.
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