Graham Swift
Neri Pozza
Pubblicato un anno da Graham Swift (68 anni, autore inglese importante) e ora tradotto in italiano, questo romanzo è congegnato con un meccanismo oliatissimo di scrittura e ritmo e labili enigmi. Un gioiellino di precisione, una compatta storia con tocchi di seduzione, dramma e malinconia. Da maneggiare con cura, però. Senza credere troppo allo strillo dell'edizione italiana sulla copertina (peraltro molto bella, c'è Modigliani): "Una storia avvincente, piena di carica erotica. Una catastrofe privata nella quiete die salotti dell'upper class inglese. Un capolavoro". Un capolavoro? Ecco una parola troppo spesso scomodata, a sproposito. Basterebbe dire un bel romanzo. Carica erotica? Ahi, ecco la seduzione della parola, l'ammiccamento ai lettori. Io la carica erotica non l'ho vista. A meno che un po' di realismo sensuale - fra l'ironico e il morboso - passi sotto quella categoria di genere. Una catastrofe privata? Non esageriamo. Ci sono piccoli dolori interiori, il mistero di un incidente ma anche una rigenerazione. Il titolo inglese è "Mother Sunday", ovvero "la domenica della festa della mamma". In italiano "Un giorno di festa". E sia. Ma perché il sottotitolo "Una storia d'amore", neanche si trattasse di un romanzo rosa? Tutto si svolge in un giorno nella primavera del 1924, anche se poi da una fessura finale sfugge un balzo narrativo nel tempo futuro, come una doverosa pacificazione. Gli antecedenti sono illustri, nella narrativa inglese, a partire dalla giornata dell'Ulisse di Joyce, passando dal giorno di giugno del 1923 di "Miss Dalloway" di Virginia Woolf fino al "Sabato" di Ian Mc Ewan. Eccetera. Dunque: in quella domenica di primavera Jane Fairchild, cameriera nella ricca famiglia dei Niven, in piena campagna inglese, ha il suo pomeriggio di libertà. L'atmosfera è quella di "Dowton Abbey" (lo dico per chi ha goduto la bella serie televisiva inglese). Jane ama leggere libri e il suo padrone, Mister Niven, gliene presta di continuo (c'è il sospetto che lui sia un po' invaghito della ragazza, ma non viene precisato). Vien detto invece che Jane è l'amante clandestina di Paul Sheringam, rampollo unico (due fratelli sono appena morti nella Grande Guerra) della ricca famiglia di vicini che sta in una sontuosa dimora gentilizia nel verde (ne ha fatta, di scuola romanzesca, il castello del Mister Darcy di "Orgoglio e pregiudizo"!). Paul andrà presto sposo a Emma Hobday, di casato illustre. Un matrimonio combinato, parrebbe, che sembra non smuovere troppo il cuore del giovane Paul, il quale ama più volentieri la dolce e spregiudicata cameriera dei Niven. Quella domenica le due famiglie andranno a un ricevimento degli Hobday. La servitù ha giornata libera e Paul invita Jane nella magione, che è tutta per loro. La ragazza vi accorre in bicicletta, fiera e timorosa. I due si amano con sperimentato trasporto. E in quel momento le differenze sociali si azzerano: "e d'altro canto sarebbe stato corretto definirla una cameriera, ora che se ne stava sdraiata su quel letto? E Paul, era ancora un "˜padrone'? Era questa la magia, la perfetta politica della nudità'. Dopo, lui si riveste adagio davanti a Jane, si rimette camicia, cravatta e acqua di colonia, re-indossa gli abiti del signore. E se ne scappa via verso un impegno ufficiale con la fidanzata ma le dice di rimanere un po', se vuole, tanto non ci sarà nessuno fin verso sera, può persino rifocillarsi in cucina. E così Jane, nuda e non rivestita dell'abito di ragazza di campagna, si aggira nella grande villa come una "padrona" curiosa. Poi succedono cose, che lascio allo stupore del lettore. Jane, comunque, sa che non vorrà più dimenticare quella giornata e vorrebbe diventare una scrittrice per cercare di "spiegare davvero cosa si provi ad essere vivi". E magari anche dire che la trasgressione elegante, la sensualità libera e la commistione clandestina lasciano un gusto di tristezza, di desiderio inappagato.
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