Circolo dei Libri

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07ottobre
2016

Zeruya Shalev

Feltrinelli

Dallo scrigno dei narratori israeliani contemporanei esce Zeruya Shalev, 57enne, con bei titoli già tradotti anche in italiano. Ecco ora, fresco di stampa da Feltrinelli, "Dolore". Non scoraggi la parola dura, di sofferenza, che campeggia severa nella bella copertina bianca. Ci sono dei dolori, sì, nel romanzo della Shalev, ma c'è anche un torrente di vita, di vitalità, ci sono positività che alla fine sbocciano e fanno il controcanto al dolore, come catarsi buona. Rivelo pochissimo, quasi nulla, sulla trama. Se no che gusto c'è, per il lettore? Però diciamo pure una cosa, giacché la si sa subito in apertura: Iris ha due dolori. Iris è la donna protagonista (in forma di monologo agitato in terza persona mescolato a dialoghi vivaci e serrati) del romanzo. Ha quarantacinque anni e ha due dolori, dunque. Il primo è dell'animo. Quando aveva diciotto anni Iris ha vissuto un grande amore totalizzante con un ragazzo. Ma poi l'ha perduto. Questo abbandono (son passati trent'anni) è una ferita mai del tutto rimarginata, anche se poi Iris si è sposata e ha avuto due figli. L'altro dolore è fisico (lo è stato, ora è anche psicologico): dieci anni prima del presente Iris è incappata in un sanguinoso attentato terroristico a Gerusalemme, che ha fatto undici morti. Lei è rimasta gravemente ferita, ha passato mesi in ospedale e ora porta addosso le cicatrici fisiche e quelle invisibili di quel trauma. Per il resto il romanzo è un fiume impetuoso e narrato di vita quotidiana di una donna, moglie e madre che si occupa della casa, corre al lavoro (è preside di una scola ) e coltiva dentro di sé i rintocchi mai sopiti di quei due dolori diversi, legati al passato. In questa prima parte del romanzo Zeruya Shalev si conferma narratrice pura: è avvolgente, intensa, concitata, bravissima nell'accendere emozione e curiosità a ogni pagina. Incalza, cambia ritmo, passa dalla descrizione minuziosa e realistica all'impennata lirica, parla di piccole cose e poi si infiamma di metafore. Zeruya Shalev sa come si racconta una storia e la inscena con grande bravura: la muove tra la quotidianità (una donna dentro le pieghe delle cose e dei sentimenti, dei nodi psicologici) e gli eventi che capitano. E così l'antico amore perduto forse non è del tutto perduto"… : ma c'è un marito robusto e concreto e anche apparentemente abbastanza indifferente, ci sono due figli difficili in età difficile. La prima parte del romanzo è bella, forte. Poi, alla prova difficile della conclusione, l'intreccio che deve portare al gran finale assume anche colori un po' troppo sentimentali, per cui tutto si deve aggiustare. Qualcuno si asciugherà una lacrima di commozione contenta, altri sentiranno il rischio del "lieto fine" combinato. "Dolore" resta un romanzo bello, vibrante, a dispetto dei pur legittimi dubbi sullo snodo svelto della trama: è la storia di una donna raccontata da una donna, una scrittrice di razza; la quale narra un denso, appassionato impasto di amore sentimentale, umori coniugali, maternità, affetti, lavoro. Alla fine Iris (che teme il futuro, diffida del presente e si ripiega sul passato) deve scoprire che a contare davvero è il presente, la realtà qui e ora. A nulla serve ricreare fantasmi del tempo perduto o incupirsi su traumi passati: " adesso il presente le dice: io non sono l'eco di ricordi passati, non sono il ponte per i progetti futuri, sono tutto quello che hai, la sostanza della tua esistenza, dammi fiducia perché non hai altra scelta". Sullo sfondo c'è Israele oggi, con le cartoline di precetto che chiamano ragazzi e ragazze al servizio militare non per finta ma sul serio, con rischio di morte. E l'ombra degli attentati. Zeruya Shalev ha compiuto studi biblici. Ma a parte una analogia (bella) con la storia di Giuseppe e i suoi fratelli, la sua Iris e i suoi personaggi sono areligiosi, niente sinagoghe, rabbini, Torah. E' l'Israele laicizzato di oggi, che convive con quello ortodosso. E anche questa è una realtà.