Circolo dei Libri

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05maggio
2012

David Bezmozgis

Ed. Guanda (Narrativa straniera)

Ecco un romanzo singolare (e bello), che attraverso una arruffata saga familiare ci rivela la realtà degli ebrei sovietici emigrati in occidente al tempo del comunismo pre-Gorbaciov. La famiglia Krasnankij lascia l'URSS nel 1978 brezneviano e approda a Roma, dove farraginose strutture di emigrazione smistano i profughi in attesa di visti definitivi per Israele, America, Australia. I Krasnanskij sono lettoni ed ebrei, dunque doppiamente minoritari nella morsa sovietica. Il capostipite Samuil è stato ufficiale valoroso con le truppe sovietiche, ha linfa comunista e non voleva partire. Ma i due figli sposati se ne volevano andare e così Samuil, la moglie, i figli con le spose e due nipotini lasciano l'URSS, approdando a Roma in attesa di visto. L'autore del libro conosce bene la materia, è lui stesso lettone, emigrato con la famiglia in Canada quando lui aveva sei anni. Il presente della storia, attraversata da continui ritorni nel passato, anche doloroso, è concentrato in una manciata di mesi che gli esuli trascorrono a Roma in abitazioni di fortuna e vivendo di espedienti o di piccoli traffici clandestini. Roma, l'Italia, la cronaca sono appena lambite: muoiono due papi e due vengono eletti, i lettoni ebrei partecipano di striscio alla curiosità generale, seguono vagamente le vicende del mondo da cui forse dipendono i loro destini, come gli accordi tentati di pace fra Begin e Sadat. Ma quello è il contorno di fondo. Al centro si muovono i fili aggrovigliati di rapporti coniugali, di deviazioni amorose e baruffe familiari nel microcosmo di separatezza della colonia di transfughi orfani di tutto, persino della torva sicurezza staliniana. Nei cuori desiderosi di futuro nuovo permangono la nostalgia di un mondo perduto e la malinconia spaesata dello strappo. Il personaggio più spavaldo e ingenuo, adulto rimasto un po' bambino, è Alec, giovane seducente e seduttore, che in Lettonia ha rubato la minuta e bella Polina portandola via al marito. Spicca anche la figura del padre, irrimediabilmente disperso, senza più appartenenza sicura, scaraventato nella periferia romana dopo una vita di fedeltà comunista al costo di una estraniazione verso la propria radice ebraica. Il romanzo mescola vitalità e tenerezza, tristezza da sradicamento, pulsioni desiderose. Con sorprendenti incursioni riflessive. Come quando gli esuli coltivano il sogno delle meraviglie di New York pur intuendo che nella realtà esse diverrebbero grigie normalità, con una feroce analogia: "è come mettersi con una bellissima ragazza e sposarla. Lei rimane incantevole e piena di mistero per chiunque altro. Gli sconosciuti la vedono sul filobus ed escogitano fantasie di seduzione, mentre il marito aspetta che torni a casa con la spesa per lavargli le calze". La rivista "New Yorker" ha celebrato David Bezmozgis, 39 anni, come uno dei più significativi nuovi autori americani.