Circolo dei Libri

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01aprile
2013

Irène Némirovsky

Elliot

Segnalo questo romanzo a chi ama questa scrittrice e vuole avere su di lei uno sguardo completo. Interessante è scoprire come già in questo libro molto giovanile venga fuori una delle tracce tematiche autobiografiche spesso ricorrenti dell'attrice: il conflitto psicologico tra una figlia che non si sente amata e una madre egoista e affettivamente arida. Di fatto la madre di Irène fu una mamma abbastanza terribile e assente, concentrata sul proprio amore per il lusso e il gioco d'azzardo. Quando Irène e suo marito morirono ad Auschwitz, le due bambine orfane, uscendo dal convento di suore dove erano state nascoste, andarono a cercare la nonna: ma lei disse loro di sparire e le rifiutò e loro rimasero orfane una seconda volta. Nel romanzo la ragazzina Gabrièle (Gabri) sperimenta la lontananza affettiva di una madre volubile, sempre in corsa dietro ad amori mondani e bellamente tradendo il marito pendolare per lavoro fra Parigi e Polonia. Gabri diventa adolescente, scopre a sua volta le attrazioni e le repulsioni della sensualità. La trama è tesa, dura. Fra madre e figlia si tesse un filo di orgoglio vendicativo con gelosie, incomprensioni, abbracci pentiti. La storia è abbastanza tremenda, l'infelicità è sempre in agguato. C'è un po' di maniera schematica nell'intreccio, qua e là la penna cade in qualche convenzione descrittiva. Ma ci sono lampi in cui il talento enorme della Némirovsky si svela in pienezza. Ecco la descrizione di un crepuscolo parigino tra febbraio e marzo (come oggi, qui"…): Gabri stava scendendo lentamente per gli Champs-Elysées verso le sei di sera. Il pomeriggio era addolcito da una specie di primavera apparente e affascinante. Gli alberi erano ancora spogli, faceva freddo, ma un profumo dolce e indefinibile aleggiava nell'aria, come carica di un vago aroma di fiori. Intorno a Gabri, uomini e donne passavano abbracciati, e subito si dileguavano nella sera. Poi una notte chiara e pura, tutta blu, si distese lentamente al di sopra della città. E a un tratto - Gabri non avrebbe mai dimenticato quell'improvvisa impressione di soave sofferenza- aveva udito all'angolo di una strada la melodia malinconica e tenute di un flauto, triste, limpida. Aveva camminato ancora più lentamente, commossa da una dolcezza inspiegabile"…Quella notte di una bellezza languida, quella melodia del flauto che si perdeva in lontananza, tutto questo la riempiva di una specie di vaga tenerezza, di una felicità immotivata, mescolata a una meravigliosa pena"…". Meglio di cosi non si poteva descrivere una sera d'adolescenza e di pre-pimavera.