Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

16febbraio
2018

Cormac McCarthy

Einaudi

"La strada" è un libro angoscioso e amoroso al tempo stesso, la narrazione di una desolazione apocalittica da lugubre fine del mondo e della resistenza disperante, tenace, impaurita e tenerissima di un uomo e di un bambino in una relazione profonda e totalizzante: un padre che vuole salvare il suo ragazzo dalla sparizione, dalla morte, in un pianeta regredito a uno stato primitivo, minaccioso e inselvatichito. "La strada", come genere, è un romanzo post-apocalittico, oggi si usa dire distopico: lo sfondo è vago, indefinito, pauroso: è una storia intrisa di una angoscia quasi insopportabile e nondimeno è il disvelarsi di un calore d'affetto, di un amore sconfinato. Cosa sia accaduto, nel mondo, non si capisce bene: qualsiasi cosa sia avvenuta, è successa da poco. Ci sono i resti ancora "freschi" di città, autostrade, ponti, case, ferrovie. Il tutto abbandonato, saccheggiato, semibruciato. Fra cielo e terra grava una caligine grigiastra che smorza la luce del sole. Non c'è più vita, anche la vegetazione è morente, intorno solo freddo, pioggia, neve. In giro ci sono, vagamente percepiti, alcuni superstiti. Ma sono "cattivi", minacciosi. Sono pronti a cibarsi di altri esseri umani pur di sopravvivere. Bisogna evitarli. Bisogna camminare, andare, procedere sulla "strada" che porta a sud, là dove forse ancora ci sono in giro alcuni "buoni" che resistono. I due sfiorano per poco la minacciosa presenza del male, degli "uomini cattivi, appunto: a pagina 59 e 60 della edizione Einaudi c'è un passaggio rivelatore in cui il padre dice: "Volevi sapere com'erano fatti i cattivi. Adesso lo sai. Potrebbe succedere di nuovo. Io ho il dovere di proteggerti. Dio mi ha assegnato questo compito"…" il bambino dice di aver capito, si raggomitola nella coperta: "- Siamo ancora noi i buoni?-, disse. - Sì Siamo ancora noi i buoni-. -E lo saremo sempre-. - Sì, lo saremo sempre-. - Ok". In una delle rarissime interviste rilasciate da McCarthy, forse l'unica, quella celebre con la famosa titolare di uno dei talk show più noti e più colti d'America, Oprah Winfrey, ritrasmessa nel 2007 anche dalla RAI, lo scrittore rivelò che quel romanzo aveva preso le mosse da una sua esperienza personale almeno come bozzolo intuitivo: "Circa quattro anni fa sono andato a El Paso con il mio piccolo figlio John. Abbiamo preso una stanza nel vecchio albergo della città. Una notte, saranno state le due o le tre del mattino, mentre mio figlio dormiva, mi sono messo a guardare fuori dalla finestra e a osservare questa città: non si muoveva nulla e si sentiva in lontananza il solitario suono dei treni che arrivavano e ripartivano. Improvvisamente si è formata l'immagine di come potrebbe apparire questa città fra 50 o 100 anni. Mi è venuta questa immagine di fuochi sulle colline e di una distruzione assoluta, e ho iniziato a pensare al mio piccolo bambino. Così mi sono messo a scrivere qualche pagina e tutto è finito lì. Poi circa quattro anni dopo, in Irlanda, una mattina mi sono svegliato e mi sono accorto che non erano semplicemente alcune pagine di appunti. Erano un libro. E questo libro parlava di quell'uomo e di quel bambino". È impressionante come un grande scrittore possa cogliere un balenìo di pensieri e sensazioni dentro un attimo del proprio vissuto e da lì far scaturire la genialità grandiosa di una storia che dilaga e si infiamma sulla pagina. Tornando al romanzo, il padre e il bambino camminano, vagano, vanno, trascinando un superstite carrello della spesa di un supermercato con un paio di coperte e pochi viveri rimasti. Cercheranno, in ogni resto di negozio, abitazione o caseggiato abbandonati, rimasugli di cibo, scorte nascoste. Per sopravvivere. La narrazione è secca, i dialoghi scabri, diretti, senza virgolette, gli aggettivi e gli avverbi pochi. Non c'è più tempo per gli orpelli, per le sfumature. Per la bellezza perduta. Il passato è una memoria che sbiadisce in rimpianto e disperazione. Eppure, dentro quella desolazione arde il fuoco che l'uomo e il ragazzino portano dentro di loro. Arde il desiderio resistente di una bellezza, di qualcosa di giusto e di buono, di vero. Di umano, forse, semplicemente. Forse il mondo può salvarsi anche dopo la fine del mondo. Grazie soltanto all'amore. C'è qualcosa di semplicemente, carnalmente umano, alla fine di questa storia. Una fine vaga, spalancata faticosamente ma quasi candidamente a una rassicurante speranza. Che romanzo! Ti prende le viscere, ti ributta indietro, ti riafferra, ti prende il cuore, non ti lascia in pace, ti chiama dentro la sua complicità terrorizzata e amorosa.