Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

09ottobre
2010

Alexander McCall Smith

Ed. Guanda (Narrativa straniera)

Chi si rivede: il nostro Alexander Mc Call Smith, che da anni, lo sapete, è apprezzatissimo in questa mia rubrichetta. Per fortuna dei suoi milioni di lettori sparsi nel mondo, lo scrittore scozzese, nato in Africa, professore di diritto a Edimburgo e suonatore di fagotto, sforna libri con facilità e con eleganza di scrittura: si capisce subito che è molto intelligente, molto spiritoso, molto osservatore. E che si diverte a scrivere (e, quel che più conta, diverte noi). Chi mi segue sa che lo Smith coltiva tre filoni: quello della detective nera del Botswana (di taglia robusta e di formidabile intuizioni ), quello della bella filosofa di Edimburgo alle prese con gli enigmi delle vite altrui (e della propria) e infine quello del caseggiato al numero 44 di Scotland Street, a Edimburgo. E' dei quotidiani destini incrociati degli abitanti del numero 44 che parla l'ultimissimo libro appena tradotto in italiano. Conferm McCall Smith è ottimo narratore e usa il registro piano della scrittura ironica, minuziosa, alternativamente compassionevole o soavemente feroce nei confronti delle piccole e buone virtù e dei vistosi vizi della natura umana. Non sto a dire le evoluzioni dei personaggi che avevamo imparato a conoscere nel romanzo "44 Scotland Street" ( e che raccomando di leggere prima di questo): accenno soltanto al fatto che tutti quanti camminano dentro i loro giorni, si innamorano e disamorano, coltivano ambizioni, sbagliano più volte e talvolta si ravvedono, si sorridono o si detestano, cambiano, incontrano persone, occasioni, stupori. Mi piace qui cogliere una delle molte perle di saggezza distribuite con grazia e astuzia da Smith nel libro e prestate al personaggio più maturo, la ineffabile e sapiente sessantenne Domenica, inquilina single dopo una vita complessa: " E cosa c'è di male nel giudicare le persone? Mi fa impazzire quando sento qualcuno che dice: non giudicate. Filosofia morale da soap opera. Se le persone non giudicassero gli altri come faremmo ad avere un punto di vista etico sulla società? Non avremmo nemmeno idea di dove ci troviamo. Ogni discussione razionale su cosa si deve e non si deve fare si impantanerebbe. No, fa' pure quel che vuoi ma non farti imbrogliare dalle sciocchezze di certe menti deboli che dicono che non bisogna giudicare. Non bisogna giudicare troppo, forse, ma essere sempre - sì, sempre- pronti a formulare un giudizio. Altrimenti si attraversa la vita senza sapere cosa si vuole". Come dire: no al moralismo ma sì alla moralità della responsabilità del giudizio. E poi c'à Angus, lo strambo poeta al quale Mc Call Smith fa declamare l'importanza della piccola identità locale come segno sperimentabile del Tutt "gioiamo di battute private, di riferimenti che solo due o tre colgono ma che parlano con tanta eloquenza dei posti piccoli e della compagnia di quelli che conosci così bene, i cui modi di dire e il cui umore ti sono così familiari quanto il tempo; loro significano tutto, sono il mondo, e contano quanto il mondo intero".