“La simmetria dei desideri” è il titolo di un fortunato e bel romanzo di Eshkol Nevo. Una certa asimmetria, invece, di desideri, sembrerebbe caratterizzare molti dei racconti dello stesso scrittore, appena tradotti da Feltrinelli. “Legàmi” è il titolo, che evoca le intime, complicate e spesso conturbanti connessioni delle trame affettive. Molto spesso la presenza del desiderio (essere amati, amare, essere addirittura felici) coincide con una dissonanza fra desiderio e desiderio, o quantomeno rivela tempistiche diverse fra i protagonisti. E tuttavia i legami affettivi (familiari, di amicizia, sessuali, psicologici, eccetera) sono la nervatura portante, a guardar bene, della società, prima ancora dei grovigli relazionali pubblici della società stessa. È nel cerchio ristretto degli intrecci affettivi privati che covano le trafitture esistenziali, le speranze e le disillusioni di uomini e donne che poi, tutti insieme, fanno la società. Nella seconda di copertina l’editore pone l’accento insistito proprio sulla centralità del desiderio, in questi racconti dello scrittore israeliano, al pari di tutti gli altri libri dell’autore. È un po’ vero ma penso tuttavia che quei racconti contengono tutte le piste relazionali e complesse dei legàmi affettivi, fra le quali il desiderio è una componente ma non necessariamente dominante. Ci sono anche le stanchezze affettive e le asimmetrie sentimentali (appunto), la fatica di sbarcare il lunario familiare, i gorghi consci e inconsci fra genitori e figli, poi la tenerezza, la dolcezza dell’abitudine collaudata negli amori longevi e, per contro, il delicato strazio dei distacchi. Sono racconti abbastanza brevi e fulminanti, quelli di Nevo. Vi accadono fratture e turbamenti, piccoli colpi di scena, minimi tracolli dei destini. Vi si inseguono possibili felicità (sì, appunto, il desiderio), si stemperano delusioni, sfrigolano caratteri. È la danza della vita. Nevo la conduce con linguaggio veloce e preciso, dando alla narrazione ritmo anche visivo (molti gli a capo, le pause grafiche). È una attualità sentimentale in presa diretta, una cronaca quotidiana della confusa geografia degli affetti: fra mariti e mogli, fra genitori e figli, fra amici e amanti, in plurime età e situazioni. La misura del racconto impedisce a Nevo di affondare la sonda psicologica in nature e trame più durature, ovvero nella forma del romanzo che gli conosciamo e abbiamo apprezzato. Qui va più spedito, talvolta si vorrebbe che si fosse soffermato di più, qualche racconto richiederebbe ossigeno in aggiunta per continuare a spiare i vizi e le virtù dei personaggi alle prese con i giochi di carte del destino. Quel che è certo è che Nevo sembra nato apposta per narrare. Lo sfondo della contemporaneità israeliana è proprio, questa volta, soltanto uno sfondo sfocato (peraltro i racconti sono stati pubblicati da Nevo in lingua ebraica l’anno scorso ma prima della tragedia del 7 ottobre e di tutte le sue conseguenze). Stavolta la scenografia narrativa di Nevo è un lungo seguito di molteplici interni familiari o affettivi. I legàmi, appunto.
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