200 ANNI PORTATI BENE
2014
Compie duecento anni "Mansfield Park", uno dei romanzi della piccola, grande Jane Austen (1775-1917). Piccola perché era una donnina minuscola appartata nella provincia inglese, discreta, nubile (dopo aver accudito il padre vedovo, pastore anglicano, alla sua morte visse in casa del fratello e poi della sorella, a fare la zia buona dei nipotini, a raccontare storie). E intanto scriveva, scriveva, fin da ragazzina. Morì a 42 anni, di una strana malattia. Conobbe un po' di successo editoriale negli ultimi anni della sua vita. Grande, Jane Austen, perché poi, a poco a poco, si affermò come una delle maggiori scrittrici di lingua inglese e in assoluto una delle maggiori autrici di ogni tempo. I suoi romanzi (sei, più qualche bozza incompiuta), scritti allo scadere del "˜700 e nei primi anni dell'800, stanno alla radice di tutta la grande, fecondda tradizione narrativa inglese di tutto il diciannovesimo secolo, con forte influenza anche nel ventesimo. Il suo romanzo più celebre (anche perché più degli altri ha dato il via a parecchie trasposizioni cinematografiche, resta "Oroglio e pregiudizio", forse davvero il più armoniosamente congegnato fra perspicacia psicologica, ironia finissima e ritmo, con una grazia mozartiana quasi. Bello e avvolgente (vedrete: più corposo di "Orgolgio e pregiudizio", vi appassionerà) comunque anche questo "Mansfield Park", pubblicato esattamente duecento anni fa, nel 1814 . Sulle prime vi parrà di rivisitare per l'ennesima volta il mito di Cenerentola: già, perché la piccola Fanny Price, nipote povera della ricchissima famiglia di Sir Thomas Bertram, proprietaria della sontuosa tenuta di campagna di Mansfiled Park, viene cresciuta dai nobili zii, un po' per generosità e un po' per degnazione. E l'austero parentado non manca di ricordare ogni giorno a Fanny la sua differenza sociale e il suo dovere di riconoscenza, il tutto nella raffinatezza squisita dell'eleganza di un mondo ligio ai propri rituali. Il lettore scoprirà che nell'austerità formale c'è posto comunque per qualche scintilla di umanità più vera: e in quel pertugio si infila la trama di un lento cammino della piccola Fanny, crisalide goffa che diventa giovinetta virtuosa e graziosa, verso la scontata prospettiva di un "principe azzurro" (e le vicende saranno bene intrecciate e complicate). Ma la Austen sa ricamare la trama primaria e avvincente della sua storia nel fondale sontuoso e rivelatore di un mondo sociale sull'orlo di un cambiamento epocale. Mansfield Park è il luogo aristocratico ma anche rassicurante della tradizione, il coagulo certificato dei valori collaudati, e dietro le puntigliose distinzioni di classe sta comunque l'impianto solido di un ordine consolidato, quasi etico. Fanny, beneficata e spesso umiliata, avverte comunque quel valore e finisce per attaccarvisi: la casa adottiva a poco a poco diventa la sua vera casa ed ella è destinata a diventare una vera e positiva protagonista di Mansfield Park. Fuori incombe un mondo nuovo e disordinato, mondano e più spregiudicato, rappresentato dall'aria della lontana Londra, da cui giungono in campagna visitatori muniti di grande fascino ma anche di più ciniche inclinazioni alla seduzione facile, alle ambiguità morali. Mansfiled Park è il luogo ideale di un sistema sociale e di valori ma anche dell'anima e Jane Austen, senza intenti epocali, è la minuziosa e geniale ritrattista di quel mondo sospeso fra Sette e Ottocento, fra parchi e ville dove va in scena la sua ennesima fiaba realistica. Che poi all'interno della storia i giovani rampolli ricchi si dilettino a mettere in scena a loro volta una recita teatrale un po' ardita (per quei tempi) fa parte del gioco di specchi e simmetrie della narrativa austeniana: che come sempre è preromantica e deliziosa ma anche ineffabilmente ironica nel descrivere i caratteri, le rare virtù e le molte debolezze di un mondo che lei conosceva molto bene.
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