Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

27marzo
2016

Un pensiero pasquale, un anniversario, un autore, un romanzo:
Gesualdo Bufalino (1920-1996) : "Diceria dell'untore", Sellerio

Un pensiero pasquale, un anniversario, un autore, un romanzo:
Gesualdo Bufalino (1920-1996): "Diceria dell'untore", Sellerio

Cercando una lettura che evocasse in qualche modo la Pasqua, abbiamo fatto capo a un anniversario. Quest'anno è il ventennale della morte di Gesualdo Bufalino, lo scrittore siciliano di forte tempra e di altissimo stile che fu scoperto, stimato e pubblicato da Leonardo Sciascia ed Elvira Sellerio ed esordì molto tardi, a 61 anni, in narrativa. Lo fece 35 anni fa, nel 1981, quando con "Diceria dell'untore" vinse subito il Premio Campiello. Cosa c'entra con la Pasqua quel libro? Direttamente, nulla. Ma nei romanzi di grande forza corrono tra le righe squarci di cielo che scrutano gli animi, levano alte domande, indugiano sul mistero dell'uomo. C'è poi almeno un punto, in questo libro che davvero è un classico italiano del "˜900, in cui la scommessa della fede irrompe prepotentemente, quando il protagonista, un reduce di guerra che nel 1946 , malato di tisi, è ospite di un sanatorio sulla montagna siciliana insieme ad altri scampati alla tragedia bellica (ma non alla malattia) si lega d'amicizia con un frate, il cappellano del sanatorio, Padre Vittorio. I due si stimano ma intrecciano anche duelli. L'Io narrante ondeggia fra la sua radice cristiana e il rifiuto: obietta alla fede, dubita e nega con impeto nichilista. Il frate un giorno gli parla della preghiera. E l'altro reagisce: "La preghiera! Il tuo covile caldo, il portone per ripararti quando cambia il tempo! Mi ripugna codesto Dio da indossare come una maglia sopra le nostre pleure di cartavelina. A me è sempre piaciuto bagnarmi""… Risponde il sacerdote: "No, non è solo una casa di pace, Dio, come temi. Ma anche un predone, un veltro celeste che c'insegue e ci sforza e ci ama". L'antagonista incalza: "Strano amore"….Io ero nel nulla, infinitamente nullo e tranquillo"…I mie testi gli fanno causa per questo". Il frate: "E' per amore che ti ha tratto dal nulla". E l'altro: "Di Sé, non di me. Oppure per la fatica della propria impeccabile solitudine"…. Creando si è compromesso. E infine, se il Suo non fosse stato che un conato amoroso, se potessi pensarLo curvo, con lacrime e pietà, sul refuso immenso dell'universo, pronto a raschiare tutto per riprovare un'altra volta"….". Il cappellano: "Lo perdoneresti, vuoi dir questo? Osi voler dir questo? Non capisci che nel creare consiste appunto la bellezza della Sua morte, o scandalo della Sua morte, l'ironia stupenda del Suo morire? Perché tu ti faccia Lui, Lui acconsente ogni giorno a farsi te, a morire ogni giorno in te la propria infetta divinità. Poiché la creazione avviene ogni giorno, capisci, come la Sua morte. Gesù sarà in agonia sino alla fine del mondo"…". L'antagonista controbatte: "Parole, Pascal da seminario"…". E Padre Vittorio: "Povero amico. Sei tu che vivi in una ragna di parole e ti ci avvoltoli dentro, quando una ne basterebbe, pronunziata in silenzio, qui in ginocchio, accanto a me. Soccombere ti bisogna per vincere. Chiudere gli occhi per poterti svegliare. E' nella notte del tuo cuore che devi perderti, se vuoi ritrovare la luce. Dio non è l'assassino che credi. Tu supponi d'inseguirlo, t'affanni a leggere carponi, come i poliziotti dei romanzi, le piste oscure della Sua fuga, interroghi le macchie dei Suoi pollici unti. Mentre è Lui che incombe senza fine su di te, la Sua ombra ti è sopra e tu non la scorgi, il Suo fiato ti morde la nuca e tu lo confondi col vento"…." Questo passaggio narrativo rappresenta bene sia il dubbio negativo dell'uomo di fronte al mistero dell'esistenza (con la libertà sua di non credere), sia il desiderio profondo di abbracciare il significato del vivere, di affidarsi, di osare quindi la scommessa della fede. Nei giorni pasquali abbiamo scelto questo passaggio, offerto a chi, appunto dentro tutta la propria libertà, è nondimeno punto da domande e non ignora i territori, se non sempre della religione, almeno della filosofia. "Perderti nella notte del tuo cuore per ritrovare la luce"…": può anche essere visto come un riverbero del Venerdì Santo, prima del bagliore della Pasqua. Poi naturalmente "Diceria dell'untore", scritto benissimo, addirittura sontuoso nello stile, è anche molto altro. Compresi i vertici ma anche gli eccessi estetizzanti.