Circolo dei Libri

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21aprile
2016

200 anni fa nasceva Charlotte Brönte, una delle tre notevolissime scrittrici sorelle, sventurate per disgrazie e ristrettezze, dotate di un talento eccezionale condensato in una unica famiglia. Di Charlotte, che contende fra i critici e i lettori il primato di bravura alla sorella Emily (quella di "Cime tempestose), lasciando in terza posizione Anne (quella di "Agnes Grey") il romanzo più celebre e bello resta "Jane Eyre" (e per esso io assegno il primato all'autrice).

Esattamente 200 anni fa, il 21 aprile del 1816, nasceva Charlotte Brönte, una delle tre notevolissime scrittrici sorelle, sventurate per disgrazie e ristrettezze, dotate di un talento eccezionale condensato in una unica famiglia. Di Charlotte, che contende fra i critici e i lettori il primato di bravura alla sorella Emily (quella di "Cime tempestose), lasciando in terza posizione Anne (quella di "Agnes Grey") il romanzo più celebre e bello resta "Jane Eyre" (e per esso io assegno il primato all'autrice). Fra le tre lei fu anche la più feconda, scrisse altri tre romanzi ("Shirley", "Villette", "Il professore") tutti usciti o in uscita da Fazi: ma minori. "Jane Eyre" invece possiede la marcia in più dei capolavori che vivono e perdurano nel tempo. Vale la pena di accennare alla vita di Charlotte, e della sua singolare famiglia. Il padre era un pastore anglicano, molto colto e di umore difficile, rimasto vedovo con sei bambini, confinato in una canonica povera in un borgo sperduto nella cupa brughiera settentrionale d'Inghilterra. Due bambine morirono a undici e nove anni di tubercolosi dopo un periodo in un collegio religioso austero e gelido, che ritroveremo, con sfogo autobiografico, in "Jane Eyre". Le altre tre sorelle crebbero ragazzine con il padre e l'unico fratello maschio, Branwell, dotato per la pittura (fu mandato, lui solo, il maschio, a studiare a Londra, si inebetì di alcol e droghe, tornò a casa per morirvi subito). Le tre sorelle, nelle lunghe sere invernali davanti al fuoco mentre fuori infuriavano freddo e bufere, si buttarono sulla consolazione della lettura e della narrazione. Charlotte riuscì di nascosto dal severo padre a far pubblicare un suo romanzo ("Jane Eyre" appunto) con uno pseudonimo maschile. Timorosa, lo mostrò al genitore confessando l'audacia e dopo qualche giorno di silenzio il pastore diede l'approvazione. Emily e Anne pubblicarono poi a loro volta (anch'esse con cautelativo pseudonimo) i loro due romanzi. Quando arrivò il successo e fu svelata l'identità delle autrici, sarebbe potuto cominciare un tempo di consensi e benessere, senonché la tisi aveva già minato la salute delle tre sorelle. Charlotte vedrà morire prima Emily e poi Anne, le curerà, soffrirà con loro. Rimasta sola col padre, sposò un gentile pastore protestante ma, con un bambino in grembo, fu falciata dalla malattia e morì nel 1855, a 39 anni. Rimasto solo dopo aver perso moglie e sei figli, il povero pastore Brönte chiese a una cara amica di Charlotte, la scrittrice Elisabeth Gaiskell, di scrivere una biografia della figlia (e delle sorelle), che oggi è un classico ed esiste anche in italiano. Molti altri studi e biografe sulle Brönte furono poi da allora pubblicati ed ora sempre da Fazi esce una biografia giudicata molto bella: di Lyndall Gordon, "Una vita appassionata. Charlotte Brönte". Appassionata perché in effetti Charlotte non rimase soltanto chiusa nella canonica per vent'anni a scrivere e a soffrire ma fece in tempo anche a trascorrere un periodo in Belgio quale insegnante di francese e ad innamorarsi (platonicamente, si dice: ma permangono dubbi) di un colto insegnante, sposato. Quel perduto amore affiora di fatto nei personaggi maschili dei romanzi di Charlotte, segnatamente nel tenebroso Mister Rochester di "Jane Eyre". Che resta il suo "grande libro", come si diceva, un capolavoro che si permette di intrecciare tre aure narrative. la prima anticipa Dickens (orfanelle, povertà, compassione), la seconda parafrasa il romanzo gotico (castello severo, burbero padrone del maniero, un segreto misterioso), la terza racconta la catarsi, la traversata della notte (effettiva e simbolica) da parte della intrepida Jane alla ricerca della felicità.