Circolo dei Libri

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10febbraio
2017

Orgoglio e pregiudizio

Jane Austen

Quest'anno è il bicentenario della morte di Jane Austen, donnina appartata, nubile, di cui abbiamo poche notizie e un solo imperfetto ritratto, dipinto in modo abbastanza dilettantesco dalla sorella Cassandra (nella nostra immagine). Dopo la morte precoce della madre e poi quella del padre, fece la brava zia nelle case di fratello e sorella, raccontava storie la sera ai nipoti. E per fortuna ne scriveva.

Esordì sommessamente, ebbe qualche successo solo verso la fine della sua non lunga vita (si spense a 42 anni). Dopo, fu riconosciuta come una grandissima scrittrice, geniale anticipatrice di tutto il grande fiume della narrativa inglese vittoriana e oltre. Scrisse sei romanzi, lasciò brani di altri. Le sue storie svolgono mirabili intrecci psicologici su un fondale perfetto di costume e di società nella campagna inglese di primissimo Ottocento, naturalmente sempre secondo il punto di vista dei gentiluomini che possiedono ville e sostanza e del piccolo mondo antico che gira loro intorno. Ma Jane Austen, figlia di quel mondo, possiede il graffio geniale e divertito per punzecchiarne i riti e il perbenismo. Nessuna ribellione di appartenenza: soltanto la critica destata dall'intelligenza e dallo humor finissimo. La trama romanzesca si addensa in un fitto intreccio di conversazioni e di riflessioni interiori, queste ultime condotte per mano dalla stessa autrice che da una parte mette in scena le parole e i fatti oggettivi e dall'altra interpreta - e giudica - i pensieri, le intenzioni consce e anche quelle inconsce dei personaggi.

Delizioso, quasi sospeso nel tempo appare il paesaggio ambientale e umano dei romanzi di Austen: tutto si svolge fra ville e piccoli borghi della campagna inglese, ancora non sono stati inventati i treni e il telegrafo, si viaggia solo a cavallo e con le carrozze su strade fangose; nelle fredde sere d'inverno, quando fa buio alle cinque, davanti al fuoco dei salotti la socialità si esprime tutta nella conversazione, nei giochi da tavola, nei pettegolezzi rivestiti d'eleganza e schermati dal perbenismo, nelle congetture e nelle immaginazioni, il tutto affidato alla sola parola umana.