2017
L'Avvento è stato sostituito dagli eventi. Già in un racconto del 1959 (pensate) Dino Buzzati immagina che l'asino e il bue del presepe si ritrovino in questo nostro presente a chiacchierare nel paradiso degli animali dove stanno.
"Ti ricordi", chiede l'asino al bue, "quella notte di tanti anni fa, quando ci siamo trovati in una specie di mangiatoia, e là, proprio nella mangiatoia"…? "Ma sì, nella mangiatoia c'era un bambino appena nato. Come lo potrei dimenticare? Era un bambino così bello." I due ricordano commossi quel lontano avvenimento e, pochi giorni prima di Natale, chiedono il permesso di far ritorno sulla terra per una breve capatina di controllo. E quaggiù trovano uno strepito, un frastuono, un vortice di luminarie, gente che corre per le strade e nei negozi carica di pacchi, valanghe di cibi e vini, tutta un'agitazione. I due animali sono esterrefatti: "Dimmi, tu che sei pratico", chiede il bue, "ma sei proprio sicuro che non siano usciti tutti pazzi?" "No, no, è semplicemente il Natale", dice l'asino che la sa lunga. E il bue risponde: "Ce n'è troppo, di Natale, allora". Ecco, mezzo secolo fa già c'era nell'aria di Milano un che di troppo, di forzoso, di insensato. Figurarsi oggi. Però non stiamo qui a brontolare. Ognuno può regalarsi un Natale personale un po' sobrio, vero, suo. Secondo le proprie inclinazioni, i propri desideri, la popria fede o la speranza, con le persone care, con tutti. E poi, si possono leggere buoni libri, no? Il che è sempre un piacere, soprattutto di dentro al caldo mentre fuori fa freddo. Nel "Dottor Zivago" di Boris Pasternak l'indimenticata Lara scrive a una amica: "Vieni da me a bere un tè. E' bello, quando nevica, stare dentro, al caldo, a parlare di cose intelligenti". Se poi non sono proprio intelligenti, è bello lo stesso. Buon Natale a tutti i nostri amici. Nell'immagine il dipinto di Giorgione "Adorazione dei pastori"
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La singolare storia linguistica di un romanzo