Libri nelle case amate
2023
Leggete cosa scriveva Giulio Nascimbeni sulla memoria di libri nelle care dimore dell’infanzia e della giovinezza:
“La fila di volumi che mi sta davanti non è un qualsiasi scaffale: tra noi c’è una parentela, uno ‘stato di famiglia’. Ho conosciuto le mani che, oltre le mie, li hanno toccati; ho amato gli occhi che li hanno visti, le voci che ne illustravano la severità e la bellezza. Per considerarli libri da leggere o da rileggere come mille altri, avrei bisogno di persone che non ci sono più, dovrei sentire certi passi sul pavimento della stanza qui sopra. Forse è irriverente stabilire rapporti così limitati. I capolavori superano le frontiere delle epoche, e pare assurdo vincolarli a un privato destino di assenze, a un sussulto delle travi, a un chiaroscuro di legni e camini, a un suono metallico di brocche lungo le scale. I capolavori non sono un album, né una lapide, né il film impossibile del nostro passato. Eppure….”
(Tratto da “Il calcolo dei dadi”, un libro molto bello sulla letteratura, del 1984, edito da Bompiani, oggi purtroppo esaurito).
Gulio Nascimbeni (1923-2008) fu un grande giornalista, divulgatore eccezionale di letteratura, per anni responsabile della mitica Terza Pagina del Corriere della Sera. Negli ultimi anni della sua vita era tornato da Milano alla vecchia casa padronale della sua infanzia nel mondo contadino, nella campagna veneta, dove era cresciuto in mezzo a care persone e cari libri, e scopriva quanto una libreria privata, intrisa di storia e affetti, abbia un valore ineffabile, una patina cara che appartiene alla propria unica, irripetibile e decisiva storia. Aveva ragione, Nascimbeni: i libri possono stare ovunque. Importante è leggerli, non dove stanno. Ma qui si parla di certi libri, certi vecchi libri che stanno nelle case che ci appartengono (e noi apparteniamo ad esse) sia che ancora le abitiamo, sia che ormai ne siamo lontani ma esse ci sono sempre presenti. Sono le case che abbiamo amato, dove siamo nati e cresciuti, o anche antiche case di nonni con i loro mobili severi e le loro librerie scure dove stavano libri misteriosi. Pur riconoscendo che un grande libro vive per sé stesso, anche fuori dalla storia di una esperienza personale di lettura (persone, atmosfere, un tempo perduto, memorie care, un calore, uno struggimento, una nostalgia), scopriamo talvolta che quei libri che appartengono alla propria storia hanno un loro canto e incanto, “alla luce devota della fedeltà”, come scrive Nascimbeni: la loro esistenza, afferma, è anche “un’altra, sotterranea come le radici, custodita in corridoi disabitati, vicino agli armadi delle antiche lenzuola. Mi piace una frase che Gaston Bachelard dedicò alle dimore perdute: ‘Dove ha regnato una lampada, regna il ricordo’. Credo che sia lecito sostituire una parola: anche dove ha regnato un libro, regna il ricordo”. Come è vero. Che bella la visitazione di scaffali che furono vita.
Nell'immagine: Egon Schiele, Natura morta con libri, 1914
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