Henry James
Rizzoli
« Daisy Miller », romanzo breve di Henry James, si apre come se lo scrittore lavorasse con una cinepresa: inquadratura iniziale larga, lago Lemano, una fila di eleganti alberghi sulla riva di Vevey. Poi lo zoom si avvicina all'albergo "Trois Couronnnes" (esiste ancora oggi, ma qui siamo nel 1878) e infine si fissa sul giardino dell'albergo, dove c'è un giovanotto. Lo scrittore interviene di suo (oltre la virtuale telecamera) per dirci che il giovanotto è appena arrivato in vaporetto da Ginevra per far visita a una vecchia zia ("ma la zia aveva l'emicrania - la zia aveva quasi sempre l'emicrania - e si era serrata in camera ad annusare canfora, così lui era libero di andare a zonzo"). L'allure del racconto prende dunque subito i toni di una commedia classica, comprensiva di una zia noiosa cui dover far visita in una qualche pausa fra una emicrania e l'altra. In scena a poco a poco entrano, come a teatro, i vari personaggi. Dopo il giovanotto appare un ragazzino impertinente e sveglio, e scopriamo che sono entrambi americani. Poi appare la sorella maggiore del ragazzino, che è una signorina di cui il giovanotto inquadra subito la bellezza singolare, originale, spiazzante. Complice il ragazzino chiacchierino scopriamo che il giovanotto si chiama Winterbourne, la ragazza Daisy Miller, il ragazzino Randolph, e che i due hanno una mamma (che esce poco perché soffre spesso di dispepsia) e che il papà invece è rimasto in America a guadagnare soldi con la sua azienda. Infine appare Eugenio, che è l'accompagnatore (una specie di maggiordomo al seguito, un custode) della madre e dei due figli nel lungo tour europeo. Eugenio si inchina e dice: "Ho l'onore di informare Mademoiselle che il pranzo è in tavola". La commedia è assicurata. Scena successiva (dopo un piccolo interludio con la zia sospettosa), stesso luogo ma di notte, cielo di stelle sopra il lago; e qui appare la mamma, esile figura coperta da uno scialle contro l'aria umida della sera. Winterbourne scopre presto che Daisy ha una sua candida, discreta spregiudicatezza e sfugge alle regole ferree della rigida e puritana "buona società americana" ottocentesca in vacanza. Il tono delle prime pagine è quello dei minuetti con battute caute e scintillanti. Poi si cambia. Il gruppo di Daisy parte per l'Italia, lungo il percorso del classico Grand Tour, fino a Roma. Anche Winterbourne ci andrà presto, perché laggiù si sposterà pure la zia micragnosa. A Roma i minuetti si faranno più tesi e vi si insinua una tinta drammatica, accesa da una maggior spregiudicatezza di Daisy, la quale ignorando i dettami rigorosi e moralistici della esclusiva bolla sociale e perbenista della "colonia" americana romana si lascerà corteggiare da una specie di dandy italiano seducente (viene in mente un Mastroianni ironico, per intenderci), sgomentando le matrone severe del giro aristocratico e lasciando interdetto il povero Winterbourne, il quale è combattuto fra la sua appartenenza giudiziosa a quel mondo ferreo e la curiosità per la aggraziata libertà di toni e di gesti di Daisy. Il lettore poi vedrà come andranno a finire le cose. Daisy Miller, protagonista di questo romanzo (sorretto dallo stile raffinato e denso di James) è, come scrisse Italo Calvino, "la sola che si trovi a realizzarsi come personalità autonoma, a costruirsi una sia pur precaria libertà". Nella vicenda di Daisy si intrecciano candore, ribellione elegante, provocazione e infine il fato, che ha il fiato della malaria delle paludi romane. James non dice mai tutto, come sempre è allusivo, le verità sono soltanto abbozzate, tocca al lettore dare una mano.
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