Philip Roth
Einaudi
Philip Roth agli esordi: ovvero quando il talento enorme, seppure in bozzolo (lo scrittore aveva 26 anni) già mostra perentoriamente le sue corde eccezionali: le quali più avanti daranno melodie, armonie e cacofonie ben più corpose e solide. Era il 1959 quando il giovane Roth diede alle stampe il suo primo romanzo (breve) che in italiano leggiamo tradotto d Einaudi con il titolo in originale ("Goodbye Columbus") e accompagnato da alcuni racconti. Un romanzo breve ma compatto e subito strutturato con un congegno narrativo perfetto. Si va dalla commedia all'amarezza, dall'allegria di una incoscienza sociale alla constatazione di impalpabili ma spietate divisioni di classe. La trama d'avvio è presto detta: un amore giovanile bello e subitaneo, di quelli che accendono gli animi e gonfiano le vene dell'innamoramento e dell'eros. Corteggiamento, apice, assestamento, confronto realistico con habitat, ambienti, pregiudizi, malinconie, bugie. Neil è un giovanotto ebreo di Newark (ecco subito la città natale di Roth scenario di decine di memorabili romanzi) che abita nei quartieri bassi, popolari, con degli zii perché i suoi genitori un po' asmatici sono scappati nel tepore della Florida. Ai bordi di una piscina di un centro sportivo incappa in Brenda, bella ragazza anche lei ebrea ma di casta superiore, di famiglia ricca che abita in una villa con parco su nella collina dei ceti alti. Scocca la scintilla, Neil viene invitato in villa e parco, timoroso e amoroso, impacciato e ardito. I due si amano bene. Ma la fissura sociale permane. Non basta essere entrambi ebrei ed entrambi innamorati. Sottili lastre invisibili ma rigide si frappongono alla limpidezza di una passione istintiva, umorale, allegramente erotica. Viene in mente, per analogia soltanto vaga e molto imperfetta, il quadro di fondo di un grande romanzo italiano, "Il giardino dei Finzi-Contini", di Giorgio Bassani. Anche lì c'è un giovanotto ebreo di ceto medio che si avventura, per accadimenti drammatici (l'avvio delle leggi razziali contro gli ebrei promulgate dal fascismo) dentro il sontuoso parco e nella villa degli aristocratici ebrei Finzi-Contini, dove sta anche Micòl, ragazza bella, intelligente e sveglia e cara ma anche poco acciuffabile. E anche lì esiste una fissura di casta, anche se impalpabile e ineffabile. L'analogia si ferma qui. Perché la vicenda tratteggiata da Roth è una storia americana più spiccia, con caratteri più volitivi e meno tormentati. Brenda non è Micol, insomma. Anche se è un personaggio singolare, capriccioso, intelligente, misteriosamente vago, fra pulsioni e bugie. La storia è bella e viene avanti, incontro al lettore, in modo rapido e diretto, con piglio e stile già molto "rothiani". Lo sviluppo della trama e l'epilogo qui, vengono qui rigorosamente taciuti, secondo il nostro costume. Il romanzo si apre con una allure fresca e divertente di spigliata commedia americana e va verso una malinconica trepidazione. In mezzo ci sono alcuni affondi alla Roth: il lavoro precario di Neil in una biblioteca con singolari incontri umani, una festa di nozze sgargiante e patetica con molta tristezza alcolica, lucidi ritratti di famiglia in un interno altoborghese abbastanza cinico e le manie cocciute degli zii ebrei di ceto basso. Un romanzo breve, divertente e amaro.
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