Giorgio Montefoschi
Mondadori
Il nuovo romanzo di Giorgio Montefoschi ("Il corpo", Mondadori) riporta in libreria uno scrittore molto letto e molto fedele a una sua personalissima cifra narrativa. Parlando di lui, ripeterò cose già espresse perché l'autore le richiama. Giorgio Montefoschi divide: può piacere o non piacere, può intrigare oppure persino rendere diffidente o restìo il lettore che non voglia abbandonarsi alla modalità originale, riconoscibile, della sua scrittura. Io trovo che ci sia in essa un magnetismo avvolgente, quasi una musicalità morbida, fatta di motivi ripetuti, brevi passaggi e raccordi insistiti dentro un realismo puntiglioso di dettagli. Un vezzo singolare della sua prosa precisa è quello di darci tutti i dati topografici di ogni scena, in una minuziosa cadenza che si trasforma in un sottofondo melodico per la scansione dei gesti e dei dialoghi: di ogni spostamento dei protagonisti sappiamo gli orari, spesso addirittura le date, le strade percorse, gli angoli di vie e di piazze, i colori del cielo, la corsa delle nuvole, e poi i bar, i chioschi, i luoghi e gli interni delle case signorili dentro una Roma borghese (o talvolta, in questo e in un altro romanzo anche sulle montagne del Trentino). Sappiamo tutto, dei fondali narrativi: le luci soffuse e arancioni dei lampioni nel crepuscolo, i colori delle stagioni e la geografia cirostanziata dei quartieri ricchi e placidi, con tutta la nomenclatura precisa di strade e piazze e luoghi. In quello scenario dettagliato (volutamente ripetitivo: certi spostamenti abituali sono ridetti decine di volte creando una familiarità complice di gesti quotidiani). Anche i pranzi, le cene, le colazioni, i cibi, le bevande, sono descritti in un loro realismo minuto (stavolta si fa molto posto ai buoni vini e soprattutto alle marche giuste di whiskey"…). Montefoschi, che ricorda per certi versi l'intimismo scabro di un Cassola, non dà corda ad enfasi o a colpi drammatici di trama ma è piuttosto il narratore quieto, in presa diretta, di una quotidianità minima che a colpi di dettagli, odori, suoni, voci, dialoghi, sentimenti, giorni, anni, scandisce il tempo. La vita. Può piacere o non piacere, Montefoschi. A me piace. In questo romanzo i protagonisti sono due fratelli adulti, maturi: anzi, il vero protagonista è Giovanni, il quale ha passato la sessantina. Avvocato importante, è sposato da molto tempo con una moglie sicura, attenta, trepida: un matrimonio quieto, con le sue ritualità ormai felpate. Hanno un figlio, sposato, sono già nonni. Andrea invece è un giornalista culturale più ansioso, spesso tormentato. Ha una relazione con una donna di parecchi anni più giovane, provvista di bellezza e sensualità. La trama, nella sua normale quotidianità di borghesi colti e moderati, la lascio come sempre al gusto del lettore. Anticipo che Giovanni, giunto ormai al bordo delle stagioni ultime della vita (dopo i sessanta il tempo si fa implacabilmente breve) e con qualche preoccupazione cardiaca, forse per tentare di sospendere la caducità annunciata cade nella tensione e nel tormento di un innamoramento per la compagna del fratello"… Questa botta di vitalismo violento e doloroso viene accentuata, per Giovanni, dalla malinconica persuasione che il tempo dell'allegrezza vitale sta per finire. Il " corpo" del titolo è qello sensuale e vitale di Ilaria ma è anche quello quello fragile, vulnerabile di Giovanni, assediato dal campanello d'allarme cardiaco e dalla precarietà della vacchiaia in agguato. In questo romanzo Montefoschi, come in altri ma ancora di più, traccia un ritratto intenerito e anche impietoso di una generazione borghese e estenuata, nata nel boom speranzoso del dopoguerra e affaticata da questi tempi slabbrati, vaghi. Ha piu mordente morale, paradossalmente, la generazione del figlio e della nuora del protagonista, più vitalistici. Un bel romanzo, di aura malinconica, che non fa sconti ai limiti esistenziali di un ceto borghese abitudinario e disilluso.
- Post successivo
Pulvis et umbra (e titoli precedenti)
Antonio Manzini
Sellerio"‹ - Post precedente
Quel che resta del giorno
Kazuo Ishiguro
Einaudi