Philip Roth
Einaudi
David Kepesh, professore di letteratura in un campus americano, ha un rapporto complesso con le donne. Kepesh è un ebreo ben secolarizzato, senza sinagoga e senza troppe remore in campo di morale sessuale. Ma non scampa del tutto alla propria radice familiare e di appartenenza, come sempre accade ai personaggi di Philip Roth. Indossa volentieri su di sé una definizione di Mcaulay ("studioso di giorno, dissoluto di notte") e si definisce erudito fra i libertini e libertino fra gli eruditi". Da ragazzo voleva fare l'attore, ma poi aveva deciso di recitare nella vita un'altra parte, quella di letterato. Quando era studente lui puntava le ragazze, anche in senso fisico, usando la sua abilità nella parola. Ma quelle gli rispondevano: "perché non ti limiti a parlare e a essere carino?". Lo adoravano ma non si concedevano. Quando invece arriva a Londra per un anno di Erasmus, David cambia marcia, si fa più ardito e incontra le tipe giuste, imbarcandosi in un bizzarro ménage a tre con molte capriole e curiosità erotiche. Ma la cosa è stancante e alla fine poco entusiasmante. Torna in America, si appassiona a una donna di temperamento forte e di complicazioni recondite. Che sia l'amore vero? In ogni caso, è sfibrante, si impiglia in vicende strane. La peregrinazione indecisa del professor Kepesch fra amour passion e stabilità sentimentale sembra calmarsi nella riposante sosta di Clarissa, ragazza americana solare e perfetta, da amare quietamente. Ma David è un incostante inquieto e quando si guarda allo specchio interiore nel momento dell'appagamento felice di intellettuale americano da barbecue rassicurante con la compagna virtuosa, si sgomenta un poco: "ovvero, come David Kepesh è finito su una sedia a dondolo in una veranda sulle Catskill Mountains a guardare compiaciuto una astemia insegnante venticinquenne dello stato di New York che si aggira carponi per il giardino con una tuta che sembra presa a prestito da Tom Sawyer in persona, i capelli trattenuti sulla nuca da un pezzo della stessa corda verde con cui lega le sue svenevoli begonie, e un delicato, innocente viso protestante-mennonita, piccolo e intelligente come quello di un procione, sporco di terra come in vista di una notte indiana al campo estivo femminile degli scout. E la felicità di lui nelle sue mani"…" In questo scampolo di feroce prosa rothiana c'è tutta l'ambiguità del desiderio erotico ed esistenziale del professor Kepesh. Il quale peraltro deve fare i conti con l'attrazione femminile da una parte, e dall'altra con il fastidioso ma avvolgente cordone ombelicale che lo lega ai propri genitori anziani e infragiliti, ossessivamente trepidi e amorosi con lui, che se li sente addosso ma ai quali non sa rinunciare nel suo profondo affetto. Le pagine sui genitori, sulla mamma malata e sul padre orgoglioso e indebolito sono fra le più belle del romanzo, fino alla commozione. Un giorno il padre si reca a visitare il figlio e sta un po' con lui, si vogliono bene e si sopportano poco. Il padre deve ripartire e il figlio medita addolorato: "-Va bene, resta per sempre, non devi andartene più -. Invece fra poche ore dovremo andarcene tutti. E - finché morte non ci separi - la tremenda vicinanza e la tremenda distanza fra mio padre e me riassumerà le abituali problematiche proporzioni". Solo uno scrittore grande sa riassumere la complessità dolorosa e altalenante, ambigua e avvolgente di certi rapporti familiari di sangue e di affetto, di tenerezza e di stizza, nella sintesi fulminante rothiana: "la tremenda distanza e la tremenda vicinanza". Per il resto, attraverso il suo professore, Philip Roth riesce anche a regalarci intuizioni originali e non scontate a proposito di scrittori, per esempio Kafka e soprattutto Cechov, sul quale Kepesh sta scrivendo un interminabile libro. Il romanzo è del 1977 e il lettore vi ritrova la musica rothiana della armonia e della disarmonia di pulsioni erotiche, desideri affaticati di felicità, radici tenaci e tradite a singhiozzo, sentimento malinconico per la vita ineffabile che ti sguscia tra le mani, nostalgia.
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Armando Dadò editore