Il riscatto di capo rosso
O.Henri
Guanda
"O.Henry è l'uomo delle vacanze; un entertainer, un intrattenitore, un nobilissimo corruttore". Così scrive il grande Giorgio Manganelli a proposito di questo scrittore umorista americano, nato nel 1862 e morto nel 1910. Manganelli citava in particolare "Memorie di un cane giallo", edito trent'anni fa da Adelphi. Ecco oggi tornare in prima fila il nome, anzi lo pseudonimo di O.Henry (che in realtà si chiamava William Sydney Porter) grazie all'editore Guanda, che ha appena mandato in libreria un raccolta di racconti: "Il riscatto di Capo Rosso". La traduzione è di Luigi Brioschi, che ha saputo dare modernità e freschezza colloquiale a una prosa che nell'originale si suppone sia diretta, cordiale, contagiosa. Vale la pena di citare di nuovo Manganelli: "O.Henry non è scrittore problematico né inquietante: è un chiacchieratore senza uguali, un attaccabottoni apollineo e, inoltre, un perfetto gentiluomo. I suoi racconti presuppongono un lettore incline all'ozio, all'agio alla virtuosa distensione; non voglio farlo né moralmente migliore, né intellettualmente più impegnato, né più pronto a rispondere all'aspra provocazione dell'esperienza. Anzi, lo invitano ai civili svaghi di una conversazione lievemente irresponsabile. O.Henry, infatti, è in primo luogo uno scrittore divertente; cattivante in modo irresistibile per chi abbia il gusto della ciarla erratica e svagata, delle favole oziose e improbabili". In questa raccolta nuova (per traduzione ed edizione) si conferma il talento straordinario di O.Henry nell'imbastire storie che prendono sempre un avvio normale, con protagonisti singolari e simpaticamente irregolari: scansafatiche, ladruncoli dilettanti, vagabondi sussiegosi, talvolta vecchi militari a riposo con ricordi di grandeur e figlie nubili, innamorati goffi. Insomma, una galleria di varia umanità. Il nerbo della scrittura è limpido, allegro, la narrazione viaggia per pennellate rapide di pochi colori e dialoghi diretti (ottimi il ritmo e il linguaggio vaporoso della versione italiana). Cresce una curiosità, nasce una tensione d"˜ascolto proprio come quando la sera, davanti a un fuoco o ai liquori di un dopocena, ascoltiamo un simpatico raccontatore di aneddoti e storie (ce ne sono talvolta di bravissimi, i quali mai cadono nella banalità della barzelletta ma abbozzano con abilità orale la trama di quello che potrebbe diventare un racconto scritto). All'improvviso poi il finale si accende come un fuoco d'artificio: irrompe il colpo di scena, appare la svolta imprevista, spesso in due righe fulminanti, talvolta in un solo, fatale "a capo".
Ho compiuto negli scorsi giorni parecchi viaggi in treno, per necessità. "Il riscatto di Capo Rosso" mi ha fatto compagnia, non vedevo l'ora di tirarlo fuori dalla borsa appena preso posto sul vagone per tuffarmi in una delle storie brevi di O.Henry e passare subito alla successiva, come se le novelle fossero ciliegie. Finire l'ultima pagina è stato come congedarsi a malincuore da un facondo e umoristico compagno di viaggio. O. Henry mi ha richiamato vistosamente i racconti brevi ed esilaranti - che avevo gustato da adolescente - di Mark Twain, il quale fra l'altro fu suo coevo: morirono entrambi addirittura nello stesso anno, il 1910. Twain poi si cimentò anche in romanzi corposi, frequentò più generi narrativi. Di O' Henry invece ci resta questa omogenea predisposizione al racconto breve, lapidario, umoristico, talvolta al limite dell'assurdo e della caricatura, in una quasi simbolica raffigurazione dei pasticci della natura umana. Egli non è inferiore a Twain nella misura breve della novella umoristica, spesso anzi lo sopravanza per freschezza. Una cosa vi dico: leggendo "Il riscatto di Capo Rosso" si ride, allegramente. Dai, mettete dunque questo libro nella valigia delle vacanze, che vi auguro liete e belle. Va in vacanza, per qualche settimana, anche questa rubrica: ne ha il diritto, no?
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