L'ultimo arrivato
Marco Balzano
Sellerio
Una storia di profonda umanità
Marco Balzano mantiene ciò che ha promesso. Dopo il suo bel romanzo "Pronti a tutte le partenze", Sellerio (leggetelo se ancora non lo conoscete, trovate la presentazione in questa stessa lista delle "Novità da leggere") la sua seconda prova, appena uscita sempre da Sellerio, lo conferma narratore vero. Uno dei più nitidi di queste ultime stagioni in cui la narrativa italiana sembra sempre più avara. Il protagonista del nuovo romanzo è Ninetto, ragazzino siciliano di nove anni che la miseria e altre tristezze portano a migrare dal suo poverissimo paese (dove brilla per lui soltanto la luce buona di un bravissimo maestro di scuola) verso Milano al seguito di compaesani adulti. La sua storia personale è raccontata in prima persona, a volte in presa diretta e vivacissima, con la freschezza allegra e triste di un ragazzetto scagliato dal destino in un mondo troppo duro, a volte invece da lui diventato adulto e quasi vecchio, stordito dai rovesci della vita e da una amara esperienza che nondimeno non gli toglie il respiro insopprimibile della compiutezza di sé. Lo stile è diretto, acceso, parlato, talvolta gergale, spesso comico ma anche pervaso di malinconia e compassione. Tanto abilmente la trama si annuncia e si nasconde, si ripresenta e a poco a poco si disvela nella sua temporalità e nella sua realtà, che ogni accenno di dettaglio guasterebbe l'abbandono con cui il lettore deve lasciarsi prendere nella lettura di questo libro che avvince, che contagia, che emoziona, che fa rintoccare l'umano che è in noi. Marco Balzano, insegnante milanese di liceo di 36 anni, muove la sua storia dentro una realtà sociale reale, sulla quale si è documentato a fondo, interrogando decine di testimoni anziani di quello che fu l'esodo sommerso ma vero e drammatico di centinaia di ragazzetti minorenni che negli anni '50 fino ai primi anni '60 si insinuavano nella possente emigrazione meridionale verso nord e andavano ingrossare le fila di un lavoro infantile allora non ancora sanzionato. Per contro, nei passaggi narrati al presente, la Milano popolare di oggi brulica di nuovi arrivi: arabi, neri, cinesi si mescolano nei brutti caffè delle periferie, sulle panchine dei parchi brulli e nella scenografia grigia di palazzoni tristi, con la parte più nascosta della gente locale che si affanna a cercare un lavoro e a tirare a campare. A questo punto uno potrebbe dire: ahi, siamo al romanzo sociologico di denuncia. Niente affatto. Su quello sfondo vero, reale, che dice fatiche e sofferenze quasi nascoste, palpita una storia umanissima e vibrante, un'esperienza di vita che commuove, che non ci lascia in pace e ci intenerisce. Ninetto da adulto ha nostalgia di quando aveva nostalgia, di quelle stagioni in cui, sbalzato a Milano con la malinconia per il paese e per la mamma malata, trova conforto nell'abbraccio ruvido e greve di pochi manovali adulti e di pochissimi amici coetanei molto presto risucchiati altrove dalla vita. E si ricorda del freddo e della fame, dell'ebbrezza e delle fatiche dei primi lavori umili, dell'incontro con l'amore. Il congegno narrativo ci rivela che poi deve essere successo qualcosa di importante e di grave, se Ninetto adulto a un certo punto si ritrova in carcere. Allora il lettore capisce che Ninetto custodisce in cuore una colpa ma anche uno sconfinato amore intimidito per un brandello ammaccato di famiglia. E c'è il desiderio del cammino faticoso verso quello slargo dell'animo, risolutivo, che è il perdono. Ninetto, pochissima scuola e cervello fino, conserva un amore per la lettura, anche se faticosa, grazie al suo lontano maestro, ama Pascoli e scopre Camus e anzi crede che "Lo straniero" contenga il riflesso della propria stessa inadeguatezza esistenziale. E' anche religioso a modo suo, con la concretezza di chi sa che o Dio lo tocchi con mano nell'esperienza del reale oppure resta confinato nelle formule e nelle teorie.
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