Le attenuanti sentimentali
Antonio Pascale
Einaudi
Già il titolo del romanzo, "Le attenuanti sentimentali", merita una menzione. Quarantanovenne, casertano salito a Roma, Antonio Pascale ha al suo attivo parecchi romanzi: il più noto sin qui era "La manutenzione degli affetti" (altro bel titolo) che lo aveva rivelato al grande pubblico dei lettori e che gli era valso alcuni premi importanti. Quest'ultimo romanzo lo conferma autore singolare e bravo. Il genere è ibrido a modo suo, tecnicamente si dovrebbe definire una "autofiction", che è una modalità in cui il romanzesco e il vissuto autobiografico si mescolano con disinvolta arbitrarietà, in un impasto di persone ed eventi veri e di personaggi e fatti inventati o distorti dalla licenza narrativa. Il personaggio narrante nega del resto subito l'invenzione pura perché si chiama proprio Antonio Pascale: un tipo un po' complicato e inadeguato, uno scrittore con la fissa del vuoto della pagina bianca, che non sa più cosa e come scrivere e dunque si affida all'idea di girare un documentario sui sentimenti: ne parla per tutto il libro ma il documentario fa fatica ad avviarsi, di bello c'è il titolo, "C'è chimica fra di noi". Antonio ha la mania o il complesso dei titoli e del resto così comincia il romanzo: " Questo non è un romanzo ma un giro in biciletta. Sottotitolo: riflessioni filosofiche quotidiane. Ma dài, ho sussurrato tra me e me durante una notte d'insonnia, che schifo di titolo è? Ci vuole qualcosa di semplice". Va anche detto subito che questo è un romanzo comico. Serio ma comico. Si ride spesso, leggendo. Eppure dentro il ritmo di dialoghi stravaganti e spassosi, nelle battute simpatiche e nelle elucubrazioni ridanciane del maldestro io narrante, il sorriso e talvolta la risata del lettore si imbattono a sorpresa, dietro ogni angolo, in affondi di riflessioni singolari e profonde. Anche sulla vita, sull'arte. Leggendo Pascale mi è venuto in mente, con aggancio molto indiretto e in mutate circostanze, l'Antonio Pennacchi di "Canale Mussolini", che resta uno dei migliori romanzi italiani degli ultimi anni. E proprio Pennacchi, guarda un po', viene citato da Pascale nel romanzo quando racconta che l'amico scrittore gli aveva chiesto delle informazioni scientifiche (poiché Antonio ha compiuto studi di agronomia) e gli dice che per riconoscenza chiamerà con il nome di Antonio Pascale l'agronomo che appare appunto in "Canale Mussolini". Antonio è tutto contento ma poi Pennacchi un giorno gli telefona e gli dice : "Oh, e mo' l'agronomo è diventato uno stronzo, me dispiace, lo sai come vanno queste cose, che fa, tolgo il tuo nome?" - Ma che scherzi?- gli risposi. - Chissenefrega, noi scrittori lo sappiamo come vanno queste cose". Appunto, la realtà, la finzione, i personaggi che ti prendono la mano e vanno dove vogliono. Fra piccoli accadimenti comici, l'incasinato protagonista, che a casa ha la moglie Daniela, il figlio adolescente Brando e la bambina Marianna, con i quali è in dialettica e affettuosa baruffa, ci snocciola le sue paturnie, le sue insicurezze, i suoi pensieri, le sue manie. Come la sua idiosincrasia per i nuovi conformisti del "politically correct" biologico, per gli ecologisti fondamentalisti, per quelli che aborriscono gli organismi geneticamente modificati, gli OMG, di cui invece lui, che ha studiato agronomia, è estimatore, adducendo ragioni scientifiche: e qui le sue arrabbiature polemiche nascondono una limpidezza laica (di fronte all'ideologia ecologista estrema) che è difficile non condividere. Ma poi Antonio è anche un pasticcio di razionalità e di emotività ("le attenuanti sentimentali"), si aggira con il suo caos personale dentro il caos del mondo, insegue come tutti l'inafferrabile felicità, che sta infine proprio nel desiderio di raggiungerla. E inanella anche i suoi grovigli sentimentali di ieri e di oggi, le sue goffe complicazioni, con un contorno di comprimari smagati e spassosi.
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