Letteratura in pericolo
Tzvetan Todorov
Tzvetan Todorov (1939-2017), bulgaro e poi francese, è stato un grande protagonista della cultura e del pensiero europei degli ultimi 50 anni. Qui si parla di un suo notissimo libro sui libri. Todorov senza mezzi termini titola il suo saggio "La letteratura in pericolo". Un grido d'allarme non, come si penserebbe, contro il sopravvento delle immagini o dello stordimento multimediale che fa scrivere e leggere solo brandelli di narrazione, messaggini, frammenti. No, Todorov dice che la letteratura è in pericolo per colpa di certi letterati. Difficile riassumere, ci provo. Il " j'accuse" di Todorov è rivolto contro chi pretende di studiare la letteratura come se fosse solo un meccanismo a sé, un insieme di strutture, codici da smontare e rimontare, analizzare, e basta. Naturalmente un lavoro di analisi di natura stilistica e strutturale appartiene ai compiti degli studi specialistici, universitari. Ma l'educazione alla lettura (la scuola, per tutti) e la critica che non sia quella puramente accademica ma quella divulgativa (che suscita interesse, diffonde contagio, un invito alla mente, al cuore, alla sensibilità dei lettori) non possono essere imprigionate in una gabbia specialistica e riduttiva. La letteratura non è soltanto la forma della letteratura. Non è nemmeno soltanto il contesto storico, sociale e culturale in cui nasce. La letteratura deve essere anche la vita che da essa sprigiona e di cui essa si nutre. Si ama la letteratura anche come desiderio, nostalgia, ricerca di senso, memoria, mistero, anelito di verità. Genialità. Su questo punto Todorov è categorico: già gli strutturalisti commettevano l'errore di "scartare a priori il problema della verità dei testi". Il post-strutturalista di oggi, invece, quel problema "vuole affrontarlo ma il suo commento invariabile è che non troverà mai risposta". Anche nella scuola, "senza stupore alcuno i liceali oggi apprendono il dogma secondo cui la letteratura non ha alcun rapporto con il resto del mondo e studiano soltanto le relazioni che intercorrono fra gli elementi dell'opera. E non v'è alcun dubbio che ciò contribuisca al crescente disinteresse che gli allievi manifestano riguardo all'indirizzo letterario". Ma, ammonisce Todorov, "la concezione riduttiva della letteratura non aleggia soltanto nelle classi o nelle aule universitarie; è abbondantemente rappresentata anche tra i giornalisti che recensiscono i libri e persino tra gli stessi scrittori". E qui Todorov passa a criticare il vezzo di una robusta parte di autori d'oggi che si esibiscono nel formalismo (solo lo stile conta), nel nichilismo (non c'è senso , non c'è verità , la sola cosa da dire in letteratura è l'assurdo e il nulla) e nel solipsismo, cioè "un atteggiamento compiaciuto e narcisistico, che induce l'autore a descrivere minuziosamente le sue più piccole emozioni, le sue più insignificanti esperienze sessuali, le sue più futili reminiscenze: quanto il mondo appare ripugnante, tanto il sé è affascinante"…". Un'altra freccia è riservata a chi pretende che la narrativa di successo debba essere necessariamente di minor qualità rispetto alla narrazione difficile e di minor consumo, come a dire che esisterebbe un divorzio innaturale fra leggibilità e qualità. Un ultimo pensiero di Todorov: "Quando mi chiedo perché amo la letteratura, mi viene spontaneo rispondere: Perché mi aiuta a vivere"…Più densa, più eloquente della vita quotidiana ma non radicalmente diversa, la letteratura amplia il nostro universo, ci stimola a immaginare altri modi di concepirlo e organizzarlo. Siamo tutti fatti di ciò che ci donano gli altri: in primo luogo i genitori e poi quelli che ci stanno accanto; la letteratura apre all'infinto questa possibilità di interazione con gli altri e ci arricchisce, perciò, infinitamente. Ci procura sensazioni insostituibili, tali per cui il mondo reale diventa più ricco di significato e più bello". (Questo e altro su www.circolodeilibri.ch).
Tzvetan Todorov
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