Maledico lo scorrere del tempo
Per Petterson
Guanda
Una donna di mezza età, danese sposata in Norvegia e madre di alcuni figli adulti, scopre di avere un tumore allo stomaco. Fumatrice da una vita, la sua prima reazione è questa: "per anni, soprattutto quando i ragazzi erano piccoli, ho passato le notti in bianco, con il terrore di morire di cancro ai polmoni, e ora mi viene un cancro allo stomaco. Quanto tempo sprecato!". Comincia così questo bel romanzo di Per Petterson, scrittore norvegese (un altro suo buon titolo fu tre anni fa "Fuori a rubar cavalli"). L'inizio non turbi: la narrazione non è la storia di una malattia ma quella di un vivere più consapevole, teso alla rivisitazione doverosa e benefica della memoria di una vita. Succede infatti che la donna, appena conosciuta la diagnosi, parta immediatamente da sola per la punta di penisola danese dove è nata e dove loro hanno un cottage di vacanza nella scarna brughiera nordica in riva al mare, in cui estate dopo estate lei, il marito e i figli hanno passato il tempo delle vacanze. Vuole rivedere, rigustare stagioni e ricordi. La casa di Copenaghen dove lei invece era nata e cresciuta non era più sua, era passata in altre mani: "non poteva più indicare le finestre di quella casa con i vasi delle piante al primo piano, e dire che quella era casa sua, che lì era diventata la persona che era; non poteva più indicare la finestra della camera al pianterreno accanto alla latteria gestita da sua madre"…Non poteva neppure presentarsi al mattino presto e bussare alla porta dietro il cancello in ferro battuto aperto, con alcuni panini freschi in un sacchetto di carta"…". Quando uno dei figli (il più fragile, in via di divorzio) scopre che sua mamma, malata, ha preso il volo per il luogo caro e chiaro delle sue radici e delle vacanze, si precipita a raggiungerla. Lei ha come un sesto senso, si accorge subito quando sta per sopraggiungere quel figlio che le è caro ma con cui ha un rapporto strano, di affetto e severità. La madre è seduta sulle dune e fuma, sta guardando il mare; Il figlio le si accosta e da dietro le mormora: "Ciao". Lei non si volta ma dice: "Non iniziare subito a parlare". Lui le dice: "Sono io". Lei risponde: "Ho sentito il rumore dei tuoi pensieri fin dalla strada. Sei al verde?". E' sempre così, il rapporto fra quella madre e quel figlio: intenerito ma anche aspro e realistico. Il fatto e che lui non ha mai risolto del tutto il nodo difficile ma prezioso di quella relazione con la madre, un po' per una inconscia gelosia per i suoi fratelli, un po' per la sua goffa vita. Il romanzo è tutto una esplorazione del passato personale di madre e figlio, quasi in modo proustiano, con il rammarico per frasi non dette, gesti non compiuti. La memoria detta un continuo viaggio fra presente e passato, dentro paesaggi urbani e di natura con i loro colori e odori nordici, salmastri. In fondo si tratta di una complicata, delicata e un po' struggente storia d'amore materno e figliale fra una madre severa e ruvida e un figlio rimasto un po' bambino.
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