Ragazze mancine
Stefania Bertòla
Einaudi
UNA COMMEDIA CON LE BOLLICINE
"La stupidità è un ostacolo allo stupore". Una frase così, che oppone l'ottusità alla capacità di guardare la realtà abbracciandone tutti i suoi fattori fino a lasciarsene stupire, contiene la saggezza di un trattato filosofico. Se invece vi dico che essa appartiene a una commedia all'italiana spero che vi venga voglia di andare a scoprire che l'intelligenza e lo humor prestati alla narrativa di intrattenimento producono risultati divertenti. In questo romanzo da lettura distesa mentre fuori fa freddo, scopriamo anche un'altra perla in materia di ottusità: "Umberto Gambursier ha un certo fascino fisico, unito a quello charme particolare che deriva da una stupidità contenta di sé stessa. Umberto non capisce quasi niente, ma è difficile fregarlo, e conserva anche ora che ha superato i sessanta una curiosità verso il mondo non tinta di cautela, visto che è appunto troppo stupido per immaginarsi il pericolo. E' un uomo che, di fronte a tre delinquenti in un vicolo buio, tutti e tre armati di pistole puntate contro di lui, sarebbe innanzitutto colpito dal tessuto della giacca di quello di mezzo: - ehi, ma è una Ermenegildo Zegna del '74"…Ce l'aveva identica mio zio"…Dove l'ha presa?-". Questa tipologia bizzarra appartiene al repertorio ben noto di Stefania Bertòla, la maggiore autrice di genere in Italia. Esiste infatti, fra i molti generi, anche quello della commedia brillante, tendente al rosa ma mai all'Harmony mieloso (anzi, a quello proprio la Bertòla ha dedicato il suo divertente "Romanzo rosa"). Diciamo che la vasta bibliografia del settore prende addirittura le mosse dal Circolo Picwick di Dickens, passa da P.G. Woodhouse e arriva fino ai diari di Bridget Jones di Helen Fielding. Stefania Bertòla è colta, oltre che scrivere romanzi lievi e brillanti traduce dall'inglese libri corposi e seri, si vede che è ben nutrita di letteratura. Il suo stile è ironico, brillante, con andatura sciolta fra parlato generazionale o di casta sociale e graffio ironico di costume E, soprattutto, leggendola ci si diverte. La comicità della Bertòla è sapida, intelligente, nulla a che vedere con quella greve e morbosa mutuata dall'avanspettacolo televisivo. Tra i suoi romanzi precedenti mi sento di consigliare "Ne parliamo a cena", "Aspirapolvere di stelle", "Biscotti e sospetti", "A neve ferma". Questa volta siamo alle prese con una giovane, ricca signora piemontese che all'improvviso si vede ridotta su lastrico perché il marito, oltre che fedifrago, è fallito, ha dilapidato il patrimonio compresa la villa e se ne è fuggito in capo al mondo. Poi c'è una maldestra ragazza madre alternativa e precaria. La neo povera e la casinista si incrociano, ognuna attenta alle piste dei propri desideri di sopravvivenza economica e di amore. La trama è serrata, con continui piccoli colpi di scena. A parte qualche accento caricaturale forzato, l'insieme è una narrazione con le bollicine, pilotata da una scrittura volutamente pettegola, umoristica, elegante. Non è Mozart, è un valzer di Strauss.
- Post successivo
Ritratto di signora
Henri James
Einaudi - Post precedente
L'eroe discreto
Mario Vargas Llosa
Einaudi