Yehoshua Kenaz
Giuntina
Una narrazione sinfonica di amori e rancori, storie familiari e litigi condominiali, una partitura amara a comica, divertente e drammatica: tanto ci dà questo romanzo scritto da Yehoshua Kenaz quando l'autore israeliano aveva 60 anni. Kenaz è morto di COVID a metà ottobre del 2020, all'età di 83 anni: lui merita dunque più che mai (e il romanzo merita altrettanto) che si parli di questo libro edito in Italia nel 1999 da Mondadori e poi edito e di fresco riedito da Giuntina. Kenaz appartiene alla feconda vena degli scrittori israeliani di forte spessore e di originale talento. E questa storia dai molti volti lo conferma. C'è la giovane donna sola che si imbarca per assolutismo amoroso in una relazione rapsodica, intermittente e a strappi con un uomo misterioso, di cui sa pochissimo, e con il quale si trova soltanto per far l'amore e cucinare qualcosa in fretta in un appartamento affittato solo per questo dall'amante in un caseggiato condominiale (siamo nella Tel Aviv contemporanea, borghese e popolare). Nell'appartamento accanto abita il solitario padrone di un cane, personaggio strano e abbastanza frustrato, che da dietro una sottile parete tende l'orecchio al suono inconfondibile che la ragazza emette nei momenti acuti degli amplessi. Lui finisce per innamorarsi dei rumori dell'amore e vagheggia una passione per la sconosciuta di cui conosce soltanto i "suoni". Questa è soltanto la storia d'avvio di quel concerto per personaggi e orchestra esistenziale composto da Kenaz: il quale fa irrompere nelle pagine, senza troppe separazioni, in una continuità fluida, altre storie che con la prima non hanno nulla o pochissimo a che fare. Scopriamo la mediocrità nervosa dell'ufficio immobiliare dove il padrone single del cane (e "guardone" d'orecchio) lavora, e poi una coppia di genitori lacerati fra il senso patriottico del dovere e la protezione del giovane figlio partito soldato ma poi scappato, per ribellione o depressione, e diventato fuggiasco e ricercato dalla polizia militare. Un altro filone (l'unico in prima persona, gli altri sono in terza) racconta i pensieri e i giorni di un vecchio un po' malmesso e ridotto su una sedia a rotelle con parola bloccata, il quale viene accudito, più che dai figli distratti ed egoisti, da una badante filippina pratica e disinvolta, cui lui si affida con i resti di un estremo desiderio di sicurezza affettiva. Intanto nel condominio dell'amore clandestino è in corso una sorda lotta di resistenza e litigio fra una famiglia che s'allarga troppo conquistando spazi nuovi e un portavoce condominiale polemico, rabbioso e lamentoso. In questa particolare sequenza mista e fluida di storie si incastra, come una bambola russa, una piccola storia udita (spiata) in autobus, dove si racconta di una ragazza in preda a un dolore d'amore che si era imbattuta, per strada, in un cartello fuori da una porta: "Qui si ripristinano antichi amori". E così aveva provato a suonare a quel campanello: solo una breve storia abbozzata dentro il viluppo di altre storie. Per il resto, pochi i legami fra le vicende e molti gli esiti sospesi, con misteri rimasti insoluti, qualche svolta di consolazione e qualche svolta di dramma. Il tutto eseguito con una scrittura fervida, una palpitazione narrativa che odora di umanità affaticata, di esistenze piccole e autentiche e affannate, alle prese con la vita.
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