Ritratto di signora
Henri James
Einaudi
UN CLASSICO DI FINE '800
Una recensione di Lorenza Noseda, del Circolo di lettura di Lugano
Un romanzo fluviale (più di 700 pagine): "Ritratto di Signora di Henry James", di quelli che si leggono solo se si è a letto ammalati per qualche settimana, fuori nevica e non c'è nessuna televisione nei paraggi. Sì, perché il flusso ininterrotto di dialoghi brillanti, di battute fulminee, di confronti serrati, di riflessioni profonde è di quelli che mettono a dura prova anche il lettore meglio disposto a lasciarsi coinvolgere nelle spire della vicenda. Niente distrazioni dunque, concentrazione massima, questa è grande letteratura, il lettore è avvisato!
Siamo intorno al 1880. Un gruppo di americani e inglesi, proprietari di immense fortune,viaggia fra Inghilterra, Francia, Italia, senza occupazioni apparenti se non quelle di spostarsi per l'Europa, con valletti e cameriere al seguito, per visitare le più belle città d'arte e darsi appuntamenti mondani con gli amici di sempre a Londra, a Parigi, a Firenze, a Roma.
Henry James, americano di nascita e inglese di adozione, palesa una sorta di odio-amore per i britannici. Fa dire a un personaggio: " Gli inglesi sono molto convenzionali... hanno tutto ben chiaro in testa... tutto è già stato stabilito in anticipo, non lasciano niente all'improvvisazione..."
In questa cerchia di nobiluomini e gentildonne di impeccabile educazione spicca Isabel Archer, un'affascinante e intelligente giovane americana, in visita alla zia Lily Touchett nella magione di quest'ultima nella campagna londinese. Una ragazza povera di mezzi, ma di gran carattere, adorata dallo zio Daniel Touchett, facoltoso banchiere, a cui confessa: "Non mi va di essere soltanto una pecora del gregge; voglio scegliere il mio destino e nella conoscenza delle cose umane andare un poco al di là di quanto la gente crede sia compatibile con la convenienza di farmi sapere." Una donna assolutamente inusuale per quell'epoca. "Portava dentro di sé una grande riserva di vita e il suo più profondo godimento consisteva nel sentire una continuità tra i moti della sua anima e l'agitarsi del mondo". Fiera e indipendente, ben decisa a non "darsi per vinta", "convinta che una donna può bastare a se stessa ed essere felice", Isabel Archer rifiuta con fermezza il prestigioso matrimonio offertole dal ricchissimo Lord Warburton, così come, con ugual forza respinge l'amore ardente del ricco imprenditore bostoniano Caspar Goodwood. "Si abbandonò alla soddisfazione di aver rifiutato due ardenti corteggiatori in quindici giorni", annota il narratore finché, del tutto inaspettatamente, incontra Gilbert Osmond, che "non era bello, ma era fine", "con una grande considerazione di se stesso, ma non il tipo da darsi da fare", un bellimbusto di piacevole conversazione che produce su di lei un rovesciamento radicale e che lei decide di sposare, contravvenendo ai consigli di tutti.
" Stai per essere chiusa in una gabbia" la supplica il cugino Ralph, suo confidente, innamorato di lei senza speranza perché molto ammalato.
" Se questa gabbia mi piace, non hai motivo di preoccuparti", ribatte lei.
"Credevo che avresti sposato un uomo di maggiore importanza".
" A me sembra che basti che un marito sia importante per sua moglie!"
Isabel si dedica a Osmond completamente, fino a diventare un docile strumento nelle mani di lui.
"Egli voleva che ella non avesse libertà di pensiero".
"La ragazza libera, viva, si era fatta tutt'altra persona". Il matrimonio con Osmond renderà Isabel molto infelice.
" Ti vedevo impennarti fin lassù nell'azzurro, veleggiare in piena luce sopra le teste degli uomini" - le dice Ralph, poco prima di morire.- " Uno ti tira addosso un bocciolo di rosa appassito, un proiettile che mai avrebbe dovuto raggiungerti, e tu precipiti a terra". Ma è troppo tardi.
James non ci dice cosa sarà di lei. Ha disegnato con il suo "Ritratto
di signora" la parabola di una donna, " l'unico errore stava dentro di lei", anticipatrice di un modello che nell'epoca vittoriana affascinava, da un lato, ma terrorizzava dall'altro. Il narratore ne è tuttavia così attratto da lasciare al lettore un finale positivo, aperto.
Forse qualcuno (l'antico spasimante Caspar Woodwood?) "con la chiave della pazienza", potrà sollevare quel tenero volatile precipitato a terra, curare le sue ferite e lasciarlo "veleggiare di nuovo nell'azzurro".
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