Paul Auster
Einaudi
Sunset Park è un quartiere decaduto nella pullulante Brooklyn di New York. Lì un vecchio caseggiato divenuto fatiscente viene occupato da un gruppetto di giovani: un paio o tre di maschi, un paio di femmine, tutte e tutti più o meno eccentrici, nel senso che risultano parecchio spostati rispetto al baricentro tranquillo di una normale vita di quiete e carriera. Sono mezzo artisti e mezzo sfaccendati, quasi scrittori e quasi musicisti, incerti sul presente, pieni di visioni e illusioni sul futuro. Finché le autorità non si accorgono dell'occupazione abusiva (o fingono di non accorgersene) quei giovani abiteranno lì, arrangiandosi alla bell'e meglio per tirare a campare e succhiando la linfa della propria giovinezza. Questo è uno degli sfondi del romanzo (e che gli dà il titolo) di Paul Auster uscito nel 2010. Però c'è anche un altro sfondo, la Florida, dove è finito il protagonista del libro, Miles Heller, ventotto anni e studi interrotti di letteratura inglese. Avrà poi a che fare anche lui con il libertario caseggiato di Sunset Park, ma prima lo sorprendiamo in un suo esilio volontario e assoluto: infatti Miles da sette anni se ne è andato di casa, piantando in asso a New York i genitori e senza lasciare traccia di sé se non da lontano con un solo amico, il quale resta l'unico filo epistolare fra il ragazzo e la New York della sua radice. È successo qualcosa, sette anni prima, che ha indotto a Miles a levare le tende e compiere quello strappo (che inquieta e addolora i genitori). Poi Miles incontra Pilar, giovane ragazza cubana di temperamento e dolcezza e nasce uno di quegli amori giovanili assoluti, che riempiono le vene e l'anima dei protagonisti. Ma Pilar è per poco ancora minorenne e c'è qualche complicazione. Il resto della storia la lascio al piacere e alla curiosità del lettore, cui dico unicamente che nel dipanarsi della narrazione entrano in scena via via tutti i protagonisti principali, e dunque Miles da solo e con Pilar, e poi l'amico suo a New York e la piccola banda di Sunset Park, ma anche i genitori di Miles e soprattutto il padre, Morris Heller, editore importante, e persino un suo amico scrittore (il fantasma della scrittura abita sempre le pagine di Auster). "Sunset Park" sta fra i romanzi riusciti dell'importante autore americano (altri sono più discontinui, qualcuno di ricercatezza sperimentale). Auster punta la cinepresa della propria lucida scrittura in presa diretta sui protagonisti, con primi piani e totali. E poi affonda ogni tanto il bisturi della propria riflessione nella polpa della vita e dell'arte dietro le sagome dei suoi personaggi. Per esempio quando il padre Morris perde la madre, già anziana ma non troppo: "è una fortuna che gli siano state risparmiate le pene di accompagnarla in una lunga vecchiaia. Ha lasciato il mondo al momento giusto. Niente sofferenze prolungate, niente discesa nella decrepitudine o nella senescenza, niente femori rotti e pannoloni, niente occhi sbarrati nel vuoto. Una luce si accende, una luce si spegne. Ha nostalgia di lei, ma può sopportare la realtà della sua scomparsa". Un po' cinico. Ma scrive bene.
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