Claudia Quadri
Casagrande
E sulla quarantina Nora Blume, maestra di piano, single, abbastanza carina e abbastanza difficile di carattere. Vive delle sue lezioni pianistiche, coltiva la memoria di una infanzia difficile e di un padre inaffidabile. Claudia Quadri, scrittrice ticinese già ben rodata in precedenti romanzi, torna in libreria con questa sua musicista anomala di cui racconta la quotidianità non clamorosa, ben scandita dagli appuntamenti con gli allievi quasi come il metronomo scandisce gli esercizi alla tastiera. E' un romanzo delicato, sorretto da toni tenui e ironici, tutto intessuto in tocchi di atmosfera e in ritmati dialoghi: la scrittura sembra davvero evocare i tempi e le armonie di una sonata. Del resto, guarda caso, pochi giorni prima di leggere questo libro mi era capitato di riascoltare gli Improvvisi di Schubert, che ti avvolgono di note come gocce, fiocchi, scaglie di luce morbida. E ho scoperto che nel romanzo di Quadri le note vengono proprio evocate così: "Nora Blume si immaginava le note del Notturno come un filo di perline d'acqua dolce"…", ""…deve imparare a coniare le note una per una come monete"…". E poi il pianoforte, sua vita e sostentamento. Il nero, lucido piano a coda (uno "Steinway puro come un haiku giapponese") viene via via paragonato a figure ed esseri vivi: "lucente come un pescecane con la splendida chiostra dei tasti bianchi e neri", "il pianoforte taceva, nero come lava rappresa"…", "E il pianoforte nell'ombra, non sembra un animale? Una roccia, un'orca?". E ancora (note e piano): "Le note, una dopo l'altra, uscivano dalla grande ostrica nera come bollicine lucenti". La narrazione si svolge in tono morbido e la scrittrice usa al meglio i piani sulla sua tastiera, con accenti stilistici accurati. C'è anche una definizione bella e vera della musica come intuizione del Divino o comunque come espressione sublime dell'umano, che qui non c'è spazio per citare. Nora Blume ha i suoi aculei, si irrita con gli allievi svogliati, congeda bruscamente gli aspiranti pianisti della domenica. E rimugina sul suo passato, coltiva la sua solitudine. L'evento che le capita non è clamoroso. Semplicemente, appena fuori dalla sua casa un giorno compaiono delle modine: stanno per costruire un palazzo che le toglierà la vista. L'entrata in scena delle modine è anche una comparsa linguistica voluta, pensando che quel termine appartiene al linguaggio specificio del Ticino (provate a chiedere a un italiano cosa siano le modine). Claudia Quadri ha voluto manifestare questa appartenenza linguistica anche in altri passaggi: "Tenziòn, crìspas!"", grida l'operaio del cantiere. E ci sono il "tip top" degli svizzeri tedeschi e "i mortaretti del primo d'agosto", come piccoli accenni che segnano un territorio. Nora Blume ha anche un vicino di casa che la spia gentilmente, lei è guardinga sulle prime. Fra gli allievi di piano ci sono fanciulle in fiore tra infanzia e piercing, un adolescente sensibile e svogliato, una signora bene. Spesso fra le note martellate si inseriscono accenni di vite private. Nora Blume, giorno dopo giorno, sonata dopo sonata, cammina verso ipotesi di destino e il finale è un allegro vivace.
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