Paolo Maurensing
Adelphi
La storia prende le mosse dal vero, dalla vita e dalla morte abbastanza misteriosa di Alexandre Alekhine (1892, 1946), un celebre giocatore russo che fu a più riprese campione del mondo di scacchi. Geniale e ambiguo, volubile in amore, inviso ai sovietici ma forse per qualche tempo loro agente, visse anche in Germania, Francia, Portogallo, fu sospettato di essere stato in combutta coi nazisti. Lui sostenne che gli scacchi furono la sua unica vera passione, la sua altissima forma d'arte e per poterla esercitare dovette scendere a compromessi (non gravi, secondo lui) con chi, in tempi di bufere, gli permetteva di farlo. Nel 1946 Alekhine, vecchio e stanco, indebolito dall'alcol copioso, minato da un cuore malato, si ritrova d'inverno, in bassa stagione, all'Estorial, in riva al mare di Portogallo, ospite di un grande, antico e lussuoso albergo, quasi del tutto vuoto. Sta aspettando di combattere un'ultima volta una sfida scacchistica per il titolo di campione del mondo. Intorno a lui sente le tracce di sospetti, addirittura di misteriosi pedinamenti: il suo passato d'ombra, l'aver giocato a scacchi a casa di un potente e criminale gerarca nazista che lo proteggeva, la sua inafferrabile identità morale sembrano essere per lui capi d'imputazione nella sua sera di vita. La mattina del 24 marzo del 1946 Alexandre Alekhine viene trovato morto nella sua camera. La causa ufficiale? Asfissia per soffocamento ad opera di un pezzetto di carne. La vera causa? Un mistero. E qui interviene l'indagine a ritroso, condotta da un appassionato di scacchi che si reca, anni dopo, sul posto, lungo la stessa riva battuta da onde e luci di stagioni e cieli atlantici, alla ricerca di indizi. L'indagatore si impasta con il romanziere , cui presta mano e mente. Scopriamo, nella ricostruzione degli ultimi tempi dell'esistenza di questo personaggio veramente vissuto, veramente oggetto di ammirazione e dubbi, che in quel glorioso albergo dell'Estorial Alekhine si ritrova vicino di camera con un grande violinista ebreo. Lo scacchista geniale e il geniale musicista si frequentano con cautela, attratti dalle rispettive intelligenze creative. La musica è un arte, certo, e lo sa bene il violinista che le sta dedicando la vita. Ma anche gli scacchi sono un'arte, e lo sa bene Alekhine che per essa ha forse sacrificato principi morali ed etica. Come spesso succede, fra arte e vita passa la crepa di una possibile contraddizione. Sembra di riudire il Tonio Kröger di Thomas Mann quando Neumann, il violinista, dice ad Alekhine: "Credo che l'arte abbia il potere d farci dimenticare ogni cosa, di allontanarci dagli affetti, dai doveri, di renderci egoisti oltre ogni limite, cancellando in noi ogni traccia di amore. Mi chiedo se il talento sia un dono o una maledizione. Mi chiedo perché non ci sia concesso di riunire l'arte alla vita, perché le due strade divergano a tal punto"…" . Ma per ricostruire la vita spesso ci vuole l'arte. Per cercare la verità, forse alla fine è necessaria la finzione della narrazione: " In un romanzo si possono affermare cose che in contesti diversi sarebbero proibite".
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