2022
Casagrande
Andarsene via. Fuggire da una vita quotidiana e ben scandita, quietamente piacevole e affettivamente rassicurante, per spiccare un balzo, una fuga improvvisa, una sparizione. Un "second life". È quello lo scoppio iniziale e subitaneo del nuovo romanzo di Peter Stamm, sessantenne scrittore svizzero fra gli autori maggiori della narrativa contemporanea elvetica. Tutto accade in una sera d'estate, in un borgo della campagna zurighese, quando Thomas e Astrid, serena coppia con due bambini, è appena rientrata dalle vacanze. Scaricati i bagagli e messi a letto i figli, i due stanno sorseggiando un bicchiere serale di vino. In quel momento Thomas esce di casa. Si allontana, cammina, scompare nella notte. Non tornerà più. Il romanzo a questo punto si biforca. C'è la narrazione della peregrinazione di Thomas che nella prima notte di fuga costeggia cauto borghi e villaggi stando ai bordi, fra boschi, sentieri e prati, spiando i paesi addormentati, e poi via via sempre di più, nei giorni e mesi a venire, in uno sperduto camminare ai margini, dentro la natura, sfiorando appena incontri umani, arrabattandosi per mangiare e vivere. Dall'altra parte c'è la narrazione della sorpresa e poi dell'angoscia e dell'attesa di Astrid, che deve far fronte a quella inspiegabile scomparsa, senza che lui abbia detto un parola di spiegazione, lasciato un biglietto. La donna dapprima nasconde la cosa, poi chiede aiuto alla polizia, bisogna dire qualcosa ai bambini, affrontare lo sgomento di questa fuga tremenda, tener duro nel governare figli e casa, vivere con questo lancinante dolore d'assenza e di spiegazione. Il fatto è che Thomas, come ha spiegato lo stesso Peter Stamm intervistato a "Chiasso letteraria", non aveva apparentemente nessun motivo per andarsene via e affrontare un'altra vita. Lui e Astrid erano una coppia normale, tranquilla. Ma succede davvero, ha affermato Samm citando cronache di vita autentica, che ogni tanto qualcuno venga preso dal misterioso spasimo di una fuga che cambi tutto, che sbalestri il destino. In molti, perlomeno, talvolta immaginano questa possibilità, che poi non accade. Ma qualcuno, anche, la fa accadere"… E così il lettore percorre i due scenari contrapposti, quello dell'uomo in fuga e quello della donna che attende, un Ulisse che circumnaviga la Svizzera dei villaggi, delle montagne, degli alpeggi, e poi più in là, e una Penelope che tesse la tela della quotidianità con il morso del perché e dell'attesa. Diciamo subito che poi l'epilogo è volutamente ambiguo, misterioso, bifido. Thomas non tornerà più, verrà dato per morto. Oppure torna? Oppure è Astrid che sogna e immagina un ritorno? Oppure (oso la sfida soggettiva dell'interpretazione) è Thomas che sogna la propria fuga? O si tratta semplicemente di un doppio o persino triplo finale? Soltanto la letteratura può permettersi di lasciare sospesi i fili dei destini e doppiarli (nella vita non va così). Al di là di questo dubbio sull'esito, che in taluni lettori desterà perplessità, la forza di questo breve romanzo sta soprattutto nella scrittura: la forma qui è sostanza, con un linguaggio lucido, scandito in presa diretta e fisica sui paesaggi e sui tempi, in un realismo descrittivo che accende fondali, luci, colori, sensazioni. Thomas incide i suoi passi nella natura, sale su su fino a lambire i ghiacciai, poi rientra in un mondo che gli è estraneo ma con cui deve scendere a patti per vivere. Astrid rimane la guardiana della casa e della normalità, ferita dallo strappo, tenace nel resistere, mai persuasa dell'apparente ineluttabilità della fuga di Thomas. Il quale forse scompare davvero per sempre lassù in altura, oppure no, corre via nel mondo ad invecchiare per conto suo, oppure magari, chissà, torna a casa. Forse non ha cessato mai di amare Astrid e i figli, a modo suo. E Astrid non ha cessato di amare Thomas. Sarà anche un po' troppo enigmatica questa storia, ma è scritta benissimo e fa camminare e palpitare il lettore che rincorre Thomas per monti e valli e sta accanto con compassione ad Astrid ferita e non crollata.
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Adelphi