Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

03ottobre
2009

Colm Tòibìn

Ed. Bompiani (Narrativa straniera)

Se volete un romanzo che parla in modo piano, con semplicità consapevole e dunque con intelligenza narrativa, ecco quel che fa per voi. In letteratura nulla si inventa, nulla si copia, tutto si ripete per misteriose assonanze d'ispirazione. E così Colm Tòibìn, 55 enne letterato, viaggiatore e romanziere, ha ripreso il filone (intimo e sociale al tempo stesso) dell'emigrazione irlandese in America: non quella drammatica ed epica dell'800, indotta dalla carestia terribile, ma quella più comune del primo dopoguerra. Una ragazza di famiglia povera, Ellis, vive i suoi sogni e i suoi stenti in una cittadina della provincia irlandese. Un buon prete della razza concreta dei sacerdoti d'Irlanda le trova un posto di lavoro come commessa in un grande magazzino a New York, nel dedalo di umanità varia e formicolante di Brooklyn. Lì Ellis conosce il morso della nostalgia, la bontà e la meschinità delle persone, lo scintillìo intravisto del benessere, il mondo americano del lavoro, i primi battiti d'amore. Non posso naturalmente dire di più, perché la storia si legge di getto anche per il filo della sua trama. Dirò soltanto che il richiamo della lontana Irlanda non cessa di farsi sentite e il destino riserverà alla ragazza , attraverso le circostanze, un bivio che interrogherà la sua libertà. Dicevo che in narrativa nulla si inventa. C'è un romanzo della brava Alice Mc Dermott ("Il nostro caro Billy", Garzanti: leggetelo) che in modo diversissimo racconta comunque la vicenda di un'altra ragazza emigrata dall'Irlanda negli USA, anche lei alle prese con il richiamo (nostalgia, destino) del suo paese. Ma c'è un altro romanzo (celebre, bello, dimenticato e poi rilanciato anche in Italia, "Un albero cresce a Brooklyn", di Betty Smith, Neri Pozza: leggete anche questo) che collocandosi in altra epoca (ai primi del "˜900) esplora la Brooklyn della prima e seconda generazione di migrazione e l'infanzia e giovinezza di una ragazza della biondorossiccia e sensibile stirpe irlandese. Naturalmente ogni romanzo ha il suo corso autonomo, la sua stoffa propria. Ma viene evocata, dai tre libri che ho citato, una certa comune appartenenza di sguardo, di esplorazione quasi sociologica. Di questo "Brooklyn" occorre dire che la sua scrittura è essenziale, volutamente semplice, qua e là addirittura banalmente corrente. E tuttavia vi si coglie il battito di una emozione continua, di una compassionevole e trepida identificazione con la protagonista, con i suoi desideri, le avversità e gli accadimenti del destino. Il destino, appunt sembra di capire che ad ognuno è assegnato un percorso di circostanze, buone, o aspre e difficili. Ad ognuno è data anche la libertà di guardare in faccia quelle circostanze e di agire. "La scelta di Ellis" potrebbe essere un altro titolo per questo bel romanzo di distesa lettura: nel senso che ad ognuno è chiesto prima o poi di scegliere un cammino di vita, verso la possibile felicità. Ma la felicità giusta non è sempre quella che piace di più.