2021
Elvira Seminara
«Abbiamo 59 anni, alcuni di noi hanno smesso di tingersi i capelli e di fumare, altri hanno cominciato la dieta e la "˜Recherche', però dicendo che la rileggono. Facciamo finta di credere a un sacco di cose: che dimostriamo al massimo 48 anni, che non siamo depressi ma disincantati, che quella non è pancia ma colite. Che il vino rosso fa bene, e il caffè allunga la vita. Abbiamo avuto case allagate e idee geniali, spesso contemporaneamente. Alcuni hanno doppie vite, doppio lavoro, doppio mento, doppia sim. A teatro ci addormentiamo, e in tv vediamo lo stesso Montalbano tre volte, convinti che sia la prima. Abbiamo voglia di ridere, ma ci commuoviamo spesso e diamo la colpa al polline. Ci angoscia l'idea di dimenticare le password». Questa citazione della quarta di copertina la dice lunga sul tono ironico e amaro, teneramente autocritico, con cui l'autrice inquadra un'età anagrafica e sociologica, lo stato di una vita benestante e infragilita, perlopiù femminile ma non solo. Elvira Seminara, che è scrittrice brillante e seria, fa finta di frequentare la narrativa rosa ma non è così rosea come potrebbe apparire a prima vista: i suoi colori sono quelli variati, mutevoli ma anche cupi della vita fotografata in momenti di scricchiolante difficoltà. Seminara (tastiera di qualità, stile raffinato, mordace, attento) esprime una scrittura cosiddetta di intrattenimento: ci si trova benissimo e soprattutto fa in modo che ci si trovino benissimo i lettori. Quando si parla di narrativa di intrattenimento, importante è sapere se si tratti di buono o di cattivo intrattenimento. In ogni forma letteraria (profonda o più leggera, classica o di genere, eccetera) alla fine la misura di giudizio è quella della qualità: ebbene, Elvira Seminara coltiva il genere della commedia e possiede qualità e personalità nel farlo. Tornando al giro di persone che hanno superato la cinquantina e sentono scricchiolare le giunture e gli animi, il racconto delle loro vicissitudini, dei loro trasalimenti esistenziali, del loro camuffato scontento, delle loro nuove debolezze destabilizzanti, è tutto da scoprire. L'io narrante (naturalmente femminile) si permette uno sguardo di giudizio che è severo ma permissivo, mordace ma compassionevole. I segnali ineffabili dell'anagrafe, dopotutto, li riceviamo tutti, indistintamente. L'altro libro di Seminara che qui presentiamo ("Scusate la polvere") presenta, narrata in prima persona, la pasticciata fase di vita di una donna non più giovanissima ma ancora abbastanza giovane alle prese con una vedovanza inattesa: il tono, lo stile, le vicende quietamente rocambolesche sono da commedia (questo è un romanzo "commedia", sul genere non si discute). Ma quando, per esempio, ci imbattiamo nella fatica supplementare, per la protagonista (che si chiama Coscienza: c'è chi la chiama Enza, chi Cosce, chi Scienza) di una madre toccata dall'Alzheimer ma ancora esuberante, di colpo abbiamo a che fare con i battiti impegnativi della vita vera. Si ride, con Elvira Seminara. Ma, guarda un po', si pensa anche. Sul lato del divertimento, irresistibile è lo sguardo caricaturale delle amiche di Coscienza, un po' squinternate e bizzarre, stordite, simpatiche. In quanto al marito defunto, salta fuori che il caro estinto aveva un suo segreto. L'addolorata e stressata Zen (lui la chiamava così) vorrebbe saperne di più.
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Andrea Fazioli e Friedrich Glauser
Casagrande